Earth Day 2021 – Non tutto può essere ripristinato
Earth Day 2021 – Non tutto può essere ripristinato

Earth Day 2021 – Non tutto può essere ripristinato

Di Gabriele Poggi e Saul Santini, Tavolo Ambiente GD Prato

Il 22 Aprile 1970 il 10% della popolazione statunitense si mobilitò per gridare quanto fosse importante tutelare il luogo in cui viviamo. L’evento fu epocale, l’ecologia divenne argomento centrale nella contestazione del potere economico e militare, portando alla formazione di enti e regolamenti che ancora oggi sono in vigore con continue aggiunte e modifiche. Sono passati 51 anni da quel giorno ed alcuni passi avanti sono stati fatti ma non sono ancora sufficienti.  Il tema dell’ambiente è trasversale e complesso perché comprende e abbraccia vari aspetti della nostra società; Giorgio Nebbia diceva: «Per battersi in sua difesa bisogna capire innanzitutto chi è il nemico: le alterazioni dell’ambiente nascono da conflitti fra diritti», dai diritti di nutrirsi, muoversi e connettersi, continui conflitti che generano disuguaglianze economiche e sociali. 

“Restore Our Earth” è il titolo dato per questo anno ed una di quelle risorse che purtroppo una volta consumate non potranno essere ripristinate è proprio la nostra terra, il suolo sotto i nostri piedi, o meglio sotto il cemento sotto i nostri piedi. Durante le ultime riunione del Tavolo ambiente è emersa la problematica del consumo di suolo, dal livello globale fino al locale. Si è discusso su come conciliare la tutela del suolo con le esigenze dettate dalla nostra città e dai conflitti con alcuni diritti fondamentali come quello alla casa o allo studio.
Il suolo non è solo una componente fisica del nostro pianeta, ma interagisce col resto dei viventi, compresi noi umani, in un complesso sistema di equilibri, che noi stessi stiamo costantemente stravolgendo. Offre, inoltre, funzioni indispensabili e servizi ecosistemici necessari al nostro sostentamento. In un sistema chiuso e finito, come è nei fatti il Pianeta terra, il suolo è una risorsa fragile e non rinnovabile: per produrre un centimetro di terreno fertile, possono essere necessari fino a mille anni, ma solo un paio per comprometterne la sua salute.

A fronte di ciò, la continua urbanizzazione, le scorrette pratiche agricole, zootecniche e forestali, le attività estrattive, l’inquinamento chimico, o ancora il cambiamento climatico, influiscono sul degrado del suolo. La desertificazione ne è il fenomeno più evidente, e si manifesta quando i processi di erosione, contaminazione, salinizzazione sono ormai irreversibili.
Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente rileva dati ancora oggi drammaticamente crescenti in merito alla copertura artificiale del terreno, legata alle dinamiche insediative e alla costruzione di nuovi edifici e infrastrutture. In Italia, il consumo di suolo è stato spinto dallo sviluppo industriale del secondo dopoguerra, attraverso la diffusione delle macchine agricole in campagna, e l’insediamento delle fabbriche in città. In questo modo la richiesta di forza lavoro si è spostata nelle realtà urbane, accelerando il fenomeno di urbanizzazione ed espansione verso le campagne circostanti. Contemporaneamente, per massimizzare la produttività dei territori agricoli superstiti si sono adottati prodotti chimici (fertilizzanti, pesticidi, ecc.), con effetti distruttivi per la biodiversità. 

Per quanto riguarda l’approvvigionamento di generi alimentari, il vero problema non sta nella scarsa produttività del terreno, ma nella gestione del cibo. La FAO ha dichiarato che ogni anno in tutto il mondo viene buttato via un terzo del cibo prodotto, lasciando in condizioni di fame e malnutrizione più di 800 milioni di persone. Quindi, se da una parte abbiamo soffocato immediatamente il suolo con il cemento, dall’altra abbiamo innescato un processo di depauperamento più lento ma inesorabile attraverso agenti chimici di sintesi. La FAO sostiene che in tutto il mondo il 33% dei suoli è oggi degradato e affetto da varie patologie indotte dall’uomo: salinizzazione, compattazione, acidificazione ed esaurimento dei nutrienti.

A livello europeo, uno studio del Joint Research Center sostiene che il 20% della superficie dell’Unione è soggetta a erosione con una velocità di 10 ton/ha*y, mentre la copertura del terreno con materiali impermeabili (principalmente edilizia e infrastrutture) conduce a una perdita di terra produttiva di 1.000 km2/y. La degradazione dei suoli è un problema che colpisce in particolare la regione mediterranea dell’Europa, trovando in testa Cipro (99%), seguita da Spagna (74%), Italia (59%), Portogallo (50%) e Romania (30%). A causa del consumo di suolo e di scorrette pratiche agricole, in Italia dal 1971 al 2010 sono stati persi in Italia 5.000.000 di ettari di superficie agricola utile, pari a Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, come conferma uno studio del MIPAAF (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali). Inoltre, nel 2015 da uno studio condotto da CNR, ENEA e ISPRA è emerso che il 21,3% del territorio nazionale è a rischio desertificazione, mentre il 4,7% ha già subito fenomeni di desertificazione e il 4,3% è già sterile. L’Italia è quindi interessata in maniera diretta da questo fenomeno, nonostante il suolo sia alla base della sua varietà biologica sconfinata che si ritrova dalle bellezze paesaggistiche alla produzione enogastronomica.  Anche per questi motivi l’Italia deve agire in maniera prioritaria su questo tema, altrimenti rischia di perdere la fonte della ricchezza di cui beneficia: il suolo. 

Nonostante l’ISPRA calcoli il consumo di suolo netto attraverso il bilancio tra le nuove impermeabilizzazioni e l’aumento di superfici agricole, naturali e seminaturali rigenerate attraverso operazioni di deimpermeabilizzazione o decontaminazione, una volta cementificato il suolo è quasi impossibile da recuperare. Si ha un margine di riuscita maggiore se s’interviene su terreni impoveriti o inquinati, decontaminandoli, talvolta anche attraverso funghi o piante, e reintegrandone le sostanze organiche, attraverso scarti naturali o il compost, prodotto ad esempio da una corretta raccolta differenziata. Questo fa capire l’immediata necessità di un cambio di paradigmi verso un’economia circolare in linea ai cicli naturali. La Commissione Europea ha considerato la salute del suolo all’interno della Soil Health and Food Mission, uno dei cinque obiettivi verso la soluzione delle grandi sfide dell’umanità nell’ambito del programma quadro Horizon Europe, finanziando numerosi progetti e dando una vera opportunità di cambio di paradigmi ponendo come obiettivo finale la salute del 75% dei terreni continentali entro il 2030. 

Diversamente da quanto sembri, non vi è una scelta escludente tra ambiente e necessità fondamentali quali ripararsi e nutrirsi. Innanzitutto è necessario attuare politiche di tutela del suolo vergine, difendendolo da ulteriore cementificazione o inquinamento. Questa battaglia può essere portata avanti da una parte agevolando i processi di riqualifica del patrimonio immobiliare esistente, anche dismesso; dall’altra incoraggiando lo sviluppo di un’agricoltura che parta dalla cura del suolo, oltre a vincolare e proteggere le superfici agricole, naturali e seminaturali, indispensabili non solo per l’approvvigionamento delle risorse di base, ma anche per soddisfare esigenze socioculturali. 

Per concludere, è importante andare ad osservare il problema del consumo di suolo da un punto di vista più ampio, andando a rispondere, almeno in parte, alla domanda “dove risiede la responsabilità?”. La risposta può essere forse trovata partendo dalle parole di Marx: “ogni uomo s’ingegna di procurare all’altro uomo un nuovo bisogno, per costringerlo ad un nuovo sacrificio, per ridurlo ad una nuova dipendenza e spingerlo ad un nuovo modo di godimento e quindi di rovina economica”. Dietro ogni violenza ambientale, come la contaminazione e la rovina di suolo, vi è sempre chi ne trae un profitto ed in questo l’ecologia deve rappresentare uno strumento essenziale per riconoscere e comprendere i “reali” bisogni umani e mettere in discussione un’economia, quella capitalista, intrinsecamente incompatibile con un’amministrazione umana e solidale dei beni della natura.

 

http://www.nextprato.it/perche-e-importante-non-sprecare-il-cibo/

https://www.lanuovaecologia.it/intervista-a-giorgio-nebbia/

https://ilmanifesto.it/la-terra-e-malata-una-quarantena-lunga-mezzo-secolo/

https://www.snpambiente.it/

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/202

http://www.fao.org/about/en/

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