Solo 18% di laureati in Italia: uno sguardo sul nostro sistema educativo, perché non rincorrere l’economia
Solo 18% di laureati in Italia: uno sguardo sul nostro sistema educativo, perché non rincorrere l’economia

Solo 18% di laureati in Italia: uno sguardo sul nostro sistema educativo, perché non rincorrere l’economia

di Maria Rita Paratore, Responsabile Tavolo Saperi

Qualche giorno fa l’OCSE ha pubblicato i dati sulla situazione dei sistemi educativi dei 35 Paesi afferenti. La nota sull’Italia non è delle migliori. Risulta infatti che solo il 18% della popolazione è in possesso di una laurea contro una media OCSE del 37%: ovvero, in altri termini, l’82% della popolazione italiana non si è avvalsa della istruzione terziaria. Inoltre, il 39% dei laureati lo è in discipline umanistiche come Lettere, Belle Arti e poi Scienze Politiche, Sociologia, Scienze della comunicazione, superando così di oltre 17 punti percentuali la media OCSE (23%). Seguono poi il 25% delle lauree nelle discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e, infine, una percentuale ridotta (14%) sceglie discipline giuridico-economiche.

Al netto di questi dati, molti autorevoli esponenti di OCSE e Confindustria, sottolineano l’importanza di una formazione che punti maggiormente sulle discipline STEM. È infatti su di esse che si basa l’economia del futuro. Alla luce di questo, sottolineano quanto sia necessario un ri-orientamento delle scelte dei giovani studenti delle superiori con esperti del mercato del lavoro e in itinere degli studenti universitari verso discipline dove gli sbocchi occupazionali sono migliori.

In effetti, dati alla mano, si nota come le prospettive lavorative siano più alte a seguito di una laurea nelle discipline scientifiche (82%) e diminuiscano di circa dieci punti percentuali per i titoli umanistici (74%). C’è da considerare, poi, una divisione in lauree di serie A e di serie B per cui quelle cosidette “maschili” (di area scientifica) sono più remunerative di quelle “femminili” (di area umanistica). C’è inoltre una diseguaglianza di genere che comporta uno scarto che oscilla tra i 9 e i 19 punti percentuali fra maschi e femmine che detengono lo stesso titolo di laurea.

È dunque una situazione complessa quella italiana e in controtendenza rispetto ai Paesi OCSE sia per la minima percentuale dei laureati sia per la qualità delle lauree. Alle scarse prospettive lavorative (64% contro una media OCSE dell’83%) dei giovani laureati tra i 25 e i 34 anni, fiancheggiano i diplomati tecnico-professionali con il 68% delle prospettive. Chiaramente, l’OCSE elogia i percorsi di alternanza scuola-lavoro, che soddisfano la richiesta immediata del mercato del lavoro.

Vista la complessità della situazione italiana, è però indispensabile andare in controtendenza rispetto alle politiche da attuare e le possibilità che è necessario valorizzare. Ri-orientare la scelta degli studenti verso discipline scientifiche con l’aiuto di esperti del mercato del lavoro alle superiori e, contemporaneamente, costituire passerelle in itinere per gli studenti universitari verso scelte più appetibili per l’economia vigente non possono essere le soluzioni. Ciò non tanto per i mezzi in sé, discutibili o meno, ma per il fine da perseguire.

In primo luogo, è necessario cambiare l’impostazione delle nostre politiche di formazione: non dobbiamo puntare sulla formazione rispetto alle esigenze dell’economia di mercato, ma, viceversa, plasmare l’economia rispetto alle scelte formative di ciascun ragazzo. Quindi la domanda da porsi non è tanto che tipo di formazione serve all’economia, ma, piuttosto, come facciamo a governare l’economia rispetto al tipo di formazione che abbiamo scelto di mettere in campo. Per questi motivi, è necessario arricchire e potenziare l’offerta formativa sia in campo scientifico che in quello umanistico sin dalle scuole dell’obbligo, cercando di ridisegnare in maniera trasversale ed equa le competenze.

Queste due sfere del sapere, infatti, non possono vivere l’una alle spese dell’altra, ma devono coesistere e convivere l’una a supporto dell’altra: è chiaro, infatti, che con i progressi dell’ingegneria robotica, per esempio, sarà molto più facile per un’insegnante laureata in lettere con abilitazione al sostegno, comprendere e gestire i rapporti relazionali in una classe con un bambino autistico. Ed è altrettanto chiaro che servono competenze non solo specifiche del proprio settore di laurea, ma anche, se vogliamo, trasversali. Così come non si può pensare di gestire una fabbrica solo rispetto al profitto del mercato, ma sono parimenti necessari gli umanisti per la qualità della vita lavorativa degli impiegati.

In secondo luogo, è evidente che sia necessario recuperare quei diplomati che non scelgono di continuare il proprio percorso formativo. A questo proposito, il 53% degli studenti delle superiori in Italia è iscritto presso istituti tecnico-professionali e sono proprio loro ad avere il 68% delle prospettive lavorative. Il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro da una parte, e la poca richiesta di competenze specifiche e di qualità del mercato del lavoro- che, invece, dovrebbero essere fornite dai percorsi universitari o dai percorsi di formazione professionale post-diploma- sono tra i problemi principali.

Pertanto, se è vero che il 39% dei nostri laureati è in possesso di un titolo umanistico ed è anche vero che 1 studente straniero su 4 di coloro che scelgono l’Italia come paese di studio, sceglie le belle arti e le discipline umanistiche – nonostante il nostro Paese abbia un’attrazione di studenti stranieri pari al 4% nel 2014- allora questo dimostra che è possibile investire senza nessuna timidezza sulle discipline umanistiche e che questo è possibile farlo anche con la lungimiranza di poter diventare dei punti di riferimento a livello europeo e internazionale.

Il lavoro che ci aspetta, comunque, non deve essere esclusivo, né di ri-orientamento delle scelte formative di ciascuno. Le strategie da mettere in campo devono essere diverse e complementari: valorizzare ciò che abbiamo, integrare e investire su nuove discipline, aumentare la convivenza di competenze diverse in ambito lavorativo, superando conseguentemente il divario fra lauree di seria A e di serie B.

 

FONTI:

http://www.oecd.org/edu/skills-beyond-school/EAG2017CN-Italy-Italian.pdf

http://www.repubblica.it/scuola/2017/09/12/news/pochi_laureati_in_italia_la_meta_della_media_ocse-175261786/

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-09-12/italia-maglia-nera-laureati-fermi-18percentoe-boom-titoli-umanistici-104053.shtml?uuid=AEaw7ZRC

http://www.alleyoop.ilsole24ore.com/2017/08/28/laureati-retribuzioni-inversamente-proporzionali-ai-voti/

 

I dati OCSE 2017 si riferiscono agli anni 2014/2015

 

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