Siria e la psicosi occidentale del terrorismo
Siria e la psicosi occidentale del terrorismo

Siria e la psicosi occidentale del terrorismo

di Martina Paoli, Giovani Democratici di Prato

Purtroppo solo dopo eventi così violenti, come l’utilizzo di armi chimiche in Siria, l’attenzione dei media globali si sofferma su uno degli scenari più cult dell’ultimo decennio. Parliamo di un conflitto che ha suscitato uno scarso interesse nell’opinione pubblica europea, come se gli argomenti trattati riguardassero una regione infinitamente lontana. La complessità di questo scontro, per il quale sono coinvolte varie forze geopolitiche internazionali, non ha facilitato un’informazione chiara e veritiera.

In tutti questi anni sono stati insufficienti gli approfondimenti sul tema siriano da parte dei principali media occidentali. Viene da pensare che tutto ciò sia stato volutamente calcolato per alimentare nelle masse una maggiore insorgenza di pregiudizi, d’indifferenza e di ignoranza. In Europa si respira ormai da tempo un clima di paura verso i conflitti musulmani. Questo sentimento si è inasprito esponenzialmente negli ultimi anni dopo le numerose ondate migratorie verso l’Europa e dopo l’exploit di slogan politici razzisti e politiche contro l’accoglienza da parte di paesi come l’Ungheria.

I capi di governo europei si sono mostrati confusi e disorientati di fronte a quest’ultima emergenza. Tutt’ora non sono in grado di adottare strategie comunitarie, soprattutto dopo una dilaniante crisi d’identità europea, che ha radici in un’emorragica sfiducia nelle sue istituzioni politiche, e il tracollo finanziario causato dalla crisi del debito sovrano.

Questo grave stato di apatia e indifferenza ha caratterizzato negli ultimi anni l’atteggiamento principale adottato dall’opinione pubblica e dai rappresentati politici europei di fronte a quanto sta succedendo a poche centinaia di chilometri da noi: in Siria.

Non è la prima volta che vengono usate armi chimiche nel territorio siriano. Nell’estate del 2013 Obama minacciava un intervento militare a favore dei ribelli dopo l’accusa al governo di Damasco di aver usato armi chimiche su civili. Oggi ci ritroviamo a fare i conti non più con una minaccia, ma con un’azione militare esercitata dal nuovo presidente in carica Trump, che non ha esitato ad agire, a differenza di Obama.

Non dovremmo sorprenderci se nel prossimo futuro si prefigurasse il tramonto delle politiche diplomatiche e una sempre più forte propensione all’azione militare in un territorio come quello siriano, dove per la sua eredità storica e per il suo inestimabile valore strategico ha suscitato sempre crescenti contrasti internazionali. Adesso la Siria rappresenta la manifestazione di uno sfogo di tensioni globali che ha come protagonisti principali la Russia e gli Stati Uniti, da non sottovalutare però il ruolo emergente della Cina e della Corea del nord.

L’appello che rivolgo è quello di sforzarsi nell’approfondire questi temi, cercando sempre più fonti imparziali e non sfociando nella spettacolarizzazione dell’episodio, fermandosi solo al puro evento mediatico.

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