La mozione Renzi per un PD europeo, un PD di tutti
La mozione Renzi per un PD europeo, un PD di tutti

La mozione Renzi per un PD europeo, un PD di tutti

di Stefano Ciapini ed Edoardo Ibba, Giovani Democratici Prato

In questo clima congressuale siamo certi di poterci riconoscere nella mozione Avanti, insieme di Matteo Renzi; siamo giovani che hanno aderito all’attivismo del Partito Democratico proprio sul finire della sua segreteria, e da essa non ci siamo sentiti escludere, anzi, abbiamo percepito come un investimento fatto su noi, la nuova generazione. Ci siamo sentiti molto coinvolti dalle battaglie politiche e sociali portate avanti dal Partito durante gli ultimi anni di maggioranza parlamentare e di governo, da sfide come le Unioni Civili a leggi come quella sul dopo di noi, in un clima che ci ha resi pronti per il tesseramento e la partecipazione attiva. Così come noi, crediamo, anche altre ragazze e ragazzi hanno fatto il nostro stesso percorso, affezionati alle cause che venivano portate avanti. Ma se le sfide ci coinvolgevano, gli errori ci segnavano e ci segnano tutt’ora. Gli inevitabili passi falsi vissuti ci permettono di capire però quale sia la strada da intraprendere per migliorarci.

Ed ecco che si riparte dalla mozione che racconta dell’Europa per parlare dell’Italia: il punto focale ed iniziale del documento è una riforma delle istituzioni europee, cosa assai poco scontata, visto che spesso parlare di UE significa addentrarsi nella pura retorica che poi non lascia spazio a niente di concreto. Va a finire come sappiamo, cioè che si tende a sentire l’Europa distante da noi e distinta dalla questione nazionale, quando invece non si può e non si deve trattare dell’una escludendo l’altra. Parliamoci chiaro: oggi la “stanza dei bottoni” non è Roma, così come non lo sono né Berlino né Parigi, bensì il palcoscenico europeo… o almeno cerca di esserlo. Ma andiamo con ordine, onde evitare di scadere nelle parole fini a sé stesse. Bisogna capire, se non lo si sapesse, che parlare d’Europa come nuovo centro di potere non è uno slogan politico. Il corpus di istituzioni comunitarie nel corso degli anni si è via-via accaparrato funzioni un tempo spettanti ai governi nazionali, dalla materia giuridica a quella amministrativa, fiscale ed economica; non si vuole certo dire che l’Europa sia brutta e cattiva, anzi, tuttavia si vuole sottolineare come l’assetto istituzionale della nostra Nazione sia per forza di cose mutato. Dal punto di vista economico si è avuto il più grande cambiamento: noi, l’Italia, abituati a manovre economiche generose, un po’ spendaccione e miopi, ci siamo ritrovati a seguire delle regole a cui non eravamo forse pronti. Nessuno ce le ha imposte, sia chiaro, non si vuole dire questo, ma nel momento della difficoltà è venuto a mancare un centro comunitario che permettesse di prendere decisioni economiche virtuose, cosa che i governi nazionali possono fare solo entro certi limiti; è mancata e manca ancora una “stanza dei bottoni” europea efficiente, legittimata, capace d’agire, ed un sistema partitico europeo vero e proprio, che possa davvero collegare la base direttamente alle istituzioni europee. Si continua ad avere un sistema partitico europeo frammentato, organi decisionali che non dipendono dal parlamento ed in cui molte decisioni devono essere prese all’unanimità, ed una classe dirigente europea senza una precisa legittimazione diretta. In questo scenario si inserisce la proposta di Renzi, assai pragmatica, povera di quella retorica bella ma un po’ sterile che solitamente caratterizza tutti i politici, lui compreso. Un linguaggio, quello della mozione, che invece non può che essere sintomo di una presa di posizione decisa e ponderata.

I punti presi in esame sono:

  1. Riforma del sistema partitico europeo, con l’introduzione delle primarie dirette del PSE a fare da apripista ad un cambiamento generale del sistema all’insegna della democratizzazione. Questo permetterebbe di avere poi un legislativo UE maggiormente legittimato, cosa di cui abbiamo un estremo bisogno.
  2. Elezione diretta del Presidente di Commissione, aumentando anche qui la legittimazione, l’approvazione popolare, il rapporto diretto cittadino-istituzione e dunque formando più capacità decisionale.
  3. Creazione di un ecosistema finanziario meglio integrato fra Unione e Stato in modo da permettere una gestione più equa ed efficiente delle risorse.

La leadership di Renzi è stata sotto questo aspetto sempre molto presente facendo sentire in Europa una voce forte e costruttiva, senza scappare dalla nave che affonda ma criticando e cooperando per farla ripartire a vele spiegate. È un progetto che parte da lontano, con l’entrata del PD nel PSE proprio per mano di Renzi, permettendo un percorso di accrescimento politico che non vogliamo faccia marcia indietro, poiché non vogliamo vedere il PD tornare a piegarsi su sé stesso, in una logica non certo progressista ma conservatrice. Certo, ci sarà da correggere il tiro rispetto a certe tematiche, come si diceva all’inizio, ma ciò non significa dover passare da un estremo ad un altro: si è parlato di Europa, si è parlato dei vertici, cosa che non esclude l’attenzione alla base, anzi si tratta di una riforma strutturale che permetterebbe poi di poter dare nuovo slancio alle periferie, alle classi sociali più basse. Sì, perché anche per noi il PD deve essere il “Partito degli ultimi” (o, meglio ancora, “di tutti”), vogliamo poter dare nuova linfa vitale alle periferie, a quella parte di società che si sente esclusa dal discorso europeo ma che in realtà dovrebbe essere quella a cui sta più a cuore la questione. Ciò che spesso si dimentica è il legame forte che si è venuto a creare, sin dalla fine del secolo scorso, fra istituzioni europee ed enti locali; con la cosiddetta “politica dei fondi strutturali” l’Europa infatti ha incentivato e direttamente finanziato lo sviluppo delle entità territoriali, facendo crescere il decentramento e l’autonomia anche negli stati storicamente più accentrati dell’Unione al fine di riqualificare i territori. Un filo diretto, un rapporto amministrativo concreto, che bypassa completamente il governo per dialogare immediatamente col basso. Questo rapporto Ue-periferie, che sostanzialmente si è in parte sostituito al ruolo dello Stato, oggi deve essere rinnovato e rafforzato all’insegna di politiche nuove e virtuose. Alla luce di tutto questo si capisce come si tratti di politiche che in parte può incentivare il governo, ma che possono ricevere un impulso molto più sostanzioso e a lungo termine solo dall’Europa. Anche per questo il PD deve ripartire dalla proposta forte di riforma delle strutture comunitarie per poter attuare un disegno più grande, in cui si ristruttura il vertice per creare benefici tangibili alla base, che è quello di cui i cittadini hanno più bisogno.

Il sogno europeo che sta tanto a cuore a noi quanto a Renzi e Martina (non scordiamoci il suo importante ruolo per la buona riuscita della mozione) è però costantemente minacciato dall’avanzata dei populismi, cosa probabilmente conseguente alla mancanza di un’Europa -e dunque uno Stato- che il cittadino abbia sentito davvero presente. Crediamo che la leadership di Renzi sia in questo senso estremamente necessaria come strumento per contrastare tale pericolo imminente; a questo proposito non bisogna dimenticare il contesto politico e sociale in cui si è svolta la sua segreteria, cosa che non va scordata per poter pesare bene gli errori effettivamente in capo all’ex segretario. L’insorgere di una crescente sfiducia nella classe politica e l’aumento del sentimento di protesta non hanno impedito a noi di essere qui oggi a discutere e confrontarci, ed è qualcosa di comunque confortante, per questo riteniamo che la strada da intraprendere, nonostante le disfatte, sia all’insegna della continuità in nome di quei bei risultati che invece abbiamo sognato e in parte raggiunto, per un cammino duraturo che generi sicurezze. In conclusione crediamo che per ottenere questo risultato ci sia bisogno di tenere duro ed essere non divisi bensì uniti e credibili, così come unite riteniamo debbano essere le figure di segretario e candidato premier, all’insegna della coesione tra partito, maggioranza parlamentare e governo, perché è vero, si parla di segreteria, ma bisogna parlare anche di cosa la segreteria punti a fare, cioè governare. Partendo da queste basi abbiamo costruito le nostre idee e ci siamo convinti che votare la mozione Renzi-Martina alle primarie sia un investimento per il futuro del partito in Italia, in Europa e per noi giovani.

Aldo Moro diceva che sia meglio fallire insieme che vincere da soli. Ci teniamo a precisare che crediamo di portare delle ricette vincenti per il partito, ma questo non significa che all’indomani delle primarie si debba tirare dritto solo su quelle: in questo clima di confronto ciò che deve scaturire dalle diverse visioni non è una lotta ma una convergenza all’insegna del rinnovo e dell’ascolto, ci crediamo davvero. Dal primo maggio chiunque prevarrà sarà il nostro segretario e cammineremo insieme, in grande così come nel nostro piccolo.

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