Riflettiamo sulle amministrative
Riflettiamo sulle amministrative

Riflettiamo sulle amministrative

Introduzione

di Stefano Ciapini, coordinatore Tavolo Attualità GD Prato

Addentrandoci nel percorso della politica di attualità era impensabile non occuparci delle elezioni amministrative che si sono svolte una decina di giorni fa. Per questioni ovvie però sarebbe stato impossibile affrontare la situazione a cuor leggero perché, come tutte le questioni riguardanti il Partito Democratico, i GD si sentono coinvolti, contenti di una vittoria o affranti per via di una sconfitta. Di fronte al risultato di queste elezioni abbiamo visto esultare un po’ tutti, ed al tempo stesso abbiamo visto tutti accusare qualcun altro di aver perso.

Riunendoci per discutere abbiamo così deciso di adottare un metodo inoppugnabile per capire i risultati, affidandoci ad analisi serie che utilizzassero i metodi della scienza politica, come quelle del Centro Studi Elettorali Italiano. Da questo punto di vista il Partito Democratico, ora da solo ora accompagnato da altri corpi di centrosinistra, è riuscito a comportarsi discretamente al primo turno, molto male invece al secondo turno. In totale viene fuori un pareggio fra csx e cdx: 52 città a testa fra le principali andate al voto, ma non ci possiamo fermare a questa considerazione, perché osservando la storia (anche recente) del csx ci si accorge che un pareggio equivale ad una sonora sconfitta. Insomma, può dirsi il Real Madrid soddisfatto di aver pareggiato con la Lazio? A mio avviso no, e nonostante il paragone calcistico risulti un po’ spinto, credo di aver fatto passare il concetto.

Il punto adesso è: perché?

Perché non si è riusciti a mantenere le città che si avevano, cedendole alla destra? Perché si è arrivati a perdere anche qualche storica roccaforte? Di chi o cosa può essere la responsabilità di questa massiccia volatilità elettorale? Durante la nostra riunione ognuno ha dato una propria visione, e quello che cerchiamo di far venir fuori con questo articolo è proprio la pluralità di opinioni che si sono evolute attorno a questo argomento delicatissimo.

 

Abbiamo Perso 

di Michele Arcidiacono

Lungi da me fare il disfattista, non godo di certo a mettere il dito nella piaga. Proprio perché ci tengo, credo che sia utile e necessario ammettere la sconfitta, trovare delle occasioni per dialogare tra di noi e cercare di trovare una soluzione al problema, che purtroppo è largamente diffuso e non solo a “macchia di leopardo”; quando il nostro segretario (che in quanto tale non mi sembra si sia speso più di tanto quando invece sarebbe stato utile) dice “poteva andare meglio” mi verrebbe da rispondergli che secondo me poteva andare addirittura peggio: è fisiologico che ci sia stato un ricambio di amministrazioni come era stata la scorsa tornata, solo a ruoli invertiti, ma a parer mio è un errore politico quello di minimizzare un voto che tradizionalmente per la Sinistra è sempre stato importante per tessere una rete solida sul territorio e lavorare bene.

Localmente si sono formate delle coalizioni di centrosinistra che però risentono inevitabilmente del clima nazionale, nel quale il nostro PD si crede autosufficiente, ma la realtà è che non bastiamo a noi stessi, e continuare a marciare a testa bassa potrebbe non portarci bene per voti successivi, considerando l’aumento dell’astensionismo, i giustamente delusi di sinistra che hanno perso la loro casa e sono disincantati, guardano con diffidenza alle nostre proposte e non si recano alle urne, cosa che hanno fatto invece i numerosi e presunti elettori di centrodestra.

È sicuramente complicato cercare di analizzare bene questo voto, ma è fondamentale guardarci negli occhi, chiarire le idee al nostro interno e ammettere che non vada proprio tutto a meraviglia, come ci ricorda sempre più spesso la nostra base formata da numerosi militanti che hanno ancora passione e dedizione per questo progetto:  se non vogliamo che questo risentimento sfoci nel populismo e nella destra più brutta dobbiamo unirci, e andare al di là di antipatie e personalismi e parlare di temi concreti e attuabili.

 

Strategie inadeguate

di Sacha Summa

Personalmente parlando questo calo di vittorie alle amministrative è da attribuirsi a tre principali punti.
Il primo è inevitabilmente il fatto di governare. In ogni città si risente delle politiche nazionali, su cui i cittadini sono molto più informati rispetto a quelle locali e siccome molte delle ultime leggi hanno un carattere impopolare, la perdita dei voti è conseguente. Il secondo è l’astensionismo. Si è dimostrato nei sondaggi che gli elettori storicamente di sinistra sono rimasti a casa o hanno cambiato sponda pur di non votare questa sinistra. Il terzo e non meno importante è la troppa attenzione data a temi impopolari come quello dell’immigrazione. Una sinistra che cerca giustamente soluzioni difficili a problemi complessi, ma che ancora non ha e ciò porta gli elettori ad accettare le soluzioni semplicistiche della destra. Temi come il lavoro, il welfare, la giustizia e la sicurezza non possono più essere accantonati come fossero di seconda categoria, ma sostenuti e propagandati. I giovani non devono più essere abbandonati a loro stessi nell’era dei populismi, ma istruiti ad una coscienza e alla ragionevolezza. Occorre perciò, in questo tempo di crisi, che il PD torni a farsi culla della sinistra, riunendo le forze con quelle correnti separatiste che si sono sentite incomprese, ridando futuro ai giovani in modo che loro possano ritrovare quella fiducia nelle istituzioni persa ormai da troppo tempo, cercando di realizzare quel vecchio sogno divenuto rattrappito di un futuro piú roseo per tutti i lavoratori e le loro famiglie, facendo dei propri valori originali la sua unica bandiera.

 

L’importanza del territorio

di Federico Toscano

Anche se è probabile che gli elettori ormai non valutino più l’operato delle amministrazioni locali, ma siano influenzati anche alle amministrative dalle tendenze politiche nazionali, che vedono nei sondaggi  primeggiare il M5S su un centrosinistra litigioso, che per giunta si trova al governo – notoriamente non un fattore che favorisce il successo elettorale – mi piace pensare che la situazione in cui versano alcune città, ad esempio Genova, possa aver inciso sul voto. Pochi giorni prima del secondo turno lessi un articolo sulla “periferia” di Sampierdarena che ad oggi è immersa in una spirale di degrado, infatti da quartiere presidiato da industrie come l’Ansaldo, dunque proletario, oggi è preda della desertificazione industriale, con molti esercizi commerciali che hanno chiuso i battenti (gli unici che sopravvivono sono quelli che installano slot machine). In tutto ciò si è inserita la presenza della comunità ecuadoriana, che come è stato per il distretto pratese assurge al ruolo di capro espiatorio rispetto al disagio economico e sociale. Dall’articolo che ho letto, la medesima situazione si riscontra a Cornigliano e Bolzaneto e in almeno altri 10 quartieri di Genova, dunque le mancanze delle amministrazioni di centrosinistra nel proporre un futuro a zone assolutamente non periferiche della città, può aver portato alla sconfitta.

 

Volatilità identitaria e responsabilità morale della politica

di Immacolata Ranucci

Nell’analisi della volatilità dell’elettorato potremmo cercare di considerare l’aspetto socio-psicologico degli individui chiamati al voto, e in particolare quella che potrebbe essere definita una sorta di volatilità identitaria. Nell’epoca postmoderna il soggetto sperimenta e interiorizza una enorme e diversificata quantità di ruoli, impulsi, contesti e interazioni. La varietà e velocità con cui queste situazioni si susseguono hanno come conseguenza una sensazione di indefinitezza della propria soggettività, per cui l’individuo non prova un vero e proprio senso di appartenenza nei confronti di grandi ideologie o di una comunità tradizionalmente intesi, ma piuttosto riesce ad identificarsi, di volta in volta, con una “neo-tribù”, concetto elaborato da Michel Maffesoli per descrivere le nuove forme di esplosione di socialità, monotematiche e residuali, che si conformano al modello di “folla psicologica” di LeBon. Il cittadino, come ci suggerisce Bauman, è sempre più un turista, che non prova un sincero senso di responsabilità morale per l’habitat che vive, ma che piuttosto si lascia trascinare e guidare da singoli slogan attrattivi. Ed è sempre Bauman a ricordarci che la crisi morale postmoderna richiede che la politica “divenga un’estensione e istituzionalizzazione della responsabilità morale”. Per contrastare l’esplosione dei movimenti populisti nell’odierna arena politica, rappresentanti perfettamente questa logica di nervosismo sociale e precarietà, è necessario che lo Stato e la politica si riapproprino del loro ruolo, attuando un riformismo che punti sulla redistribuzione del reddito, l’inclusione sociale, il welfare state, la cultura, le pari opportunità, l’istruzione, il lavoro. La Sinistra ha il compito di fornire una proposta unitaria alle problematiche del cittadino postmoderno, in contrapposizione alle risposte monotematiche e residuali di cui sopra.

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