Responsabilità comune della felicità pubblica: il mio sostegno a Orlando
Responsabilità comune della felicità pubblica: il mio sostegno a Orlando

Responsabilità comune della felicità pubblica: il mio sostegno a Orlando

di Immacolata Ranucci, Giovani Democratici Prato

Per capire cosa significhi fare politica non mi è servito più di tanto studiare Scienze Politiche e Sociali, non mi è bastato entrare nella sede di un partito, né sentirmi spiegare perché una certa linea politica fosse meglio dell’altra o perché tale politico avesse più meriti di un altro. A dire la verità, ho capito e accettato di star facendo politica molto tempo dopo aver iniziato. Negli ultimi anni, lentamente e impercettibilmente, ho capito che fare politica significa essere cittadini consapevoli, responsabili, dotati di una coscienza critica ma costruttiva. E la mia più grande vittoria personale, arrivata a questo punto, è l’aver accettato il fatto che la mia necessità di fare qualcosa di concreto, che vada a vantaggio non solo mio, può essere soddisfatta in un solo modo: lavorando e crescendo insieme ad altri cittadini, altri ragazzi che come me hanno la voglia, e forse anche il bisogno, di impegnarsi personalmente per raggiungere dei piccoli obiettivi.

Appartengo ad una generazione sotto accusa e sotto attacco per la sua pigrizia, il suo essere “choosy”, il suo narcisismo ed egoismo. Forse è vero, ma senza faticare neanche troppo sono riuscita a trovare un gruppo di miei coetanei che invece pigri non lo sono per niente, che passano le loro giornate a leggere e informarsi, che trascorrono pomeriggi a parlare del tipo società in cui vorrebbero vivere senza poi limitarsi alle chiacchiere. Giovani studenti che dedicano parte del loro tempo libero ad essere cittadini attivi parlando di integrazione, sviluppo sociale, scuola, ricerca, lavoro, urbanistica, sostenibilità ambientale, e costruendo insieme progetti programmatici per il futuro, con ottimi risultati. In questi ultimi anni ho fatto politica senza costanza, ma insieme ad altri ragazzi e ragazze che come me cercavano di conciliare lavoro studio e partecipazione, e farlo insieme ci ha permesso di ottenere delle grandi soddisfazioni. Ho imparato che la politica che crea una società migliore e più vivibile è quella che viene portata avanti in primo luogo dai membri stessi della comunità, e ognuno di noi cittadini è una risorsa.

Per questa mia esperienza, già solo leggere la prima fase della Mozione Orlando, “ridurre le distanze”, è stato come vedere nero su bianco il senso di quello che insieme abbiamo fatto negli ultimi anni. Vi ho trovato un’attenta ed efficace analisi politica dei problemi posti, oggi più che mai, dall’aumento delle disuguaglianze sociali, e non ritengo sia scontato, in questo momento storico, sottolineare che la “nostra anima” sia l’uguaglianza, una condizione che può essere sperata e raggiunta solo superando la divisione: divisione tra le persone, tra mondi sociali separati da abissi non solo economici, tra “abitudini, idee, esperienze, consumi, stili di vita, passioni e desideri”. Orlando ci propone di tornare o iniziare ad essere il “soggetto che fa dialogare mondi diversi”: noi giovani, nel nostro piccolo, abbiamo già iniziato a farlo, e riconoscersi in quelle parole è stato quanto mai facile, immediato, per niente scontato. Ho letto in quelle pagine un senso di grande consapevolezza rispetto al momento in cui viviamo, alle disuguaglianze sociali che ci dividono, alle sfide economiche educative ed ambientali che ci aspettano, alla responsabilità di portare avanti un progetto che sia ragionato, coerente, costruito coinvolgendo tutte le risorse umane possibili. Lo Stato come “responsabilità comune della felicità pubblica” sembra forse una concezione antiquata, passata, ma io vi ho letto quella che è stata la mia motivazione per iniziare a fare politica, e per me come per molti altri si tratta di un impegno quanto mai attuale. “Democrazia è incontro di popolo, è apprendimento collettivo”: incontrarsi e condividere, imparare dall’altro, con l’altro, pensare e progettare insieme soluzioni è possibile, ed è un metodo che funziona.

L’idea di società che viene delineata, passo dopo passo, nei vari paragrafi della mozione, rappresenta in modo piuttosto accurato quel tipo di società in cui vorrei vivere, che vorrei contribuire a costruire. Investire sull’istruzione e la formazione, pensare metodi di contrasto alla povertà che agiscano sul lungo periodo, sostenere e creare occupazione puntando sulle risorse locali e sul capitale umano, rilanciare le politiche di integrazione, promuovere un’idea di società inclusiva e partecipata, rafforzare il ruolo e la credibilità delle istituzioni cogliendo la sfida  della rappresentanza, ricostruire la cultura democratica, restituire ai partiti politici il loro ruolo di mediatori tra le istanze della società.

Questo è il tipo di coscienza civile e politica che sento al momento più vicina alla mia esperienza. E leggere una dichiarazione di impegno in questo senso non solo mi dà coraggio nel proseguire il mio cammino, ma anche speranza di riuscire a vedere concretizzata questa idea.

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