Rdc, lavoro e altri miti da sfatare
Rdc, lavoro e altri miti da sfatare

Rdc, lavoro e altri miti da sfatare

di Ilaria Salomone, Tavolo lavoro GD Prato

 

All’inizio dell’estate, con l’attenuarsi della pandemia e l’inizio delle riaperture, abbiamo assistito a una serie di attacchi mediatici contro i giovani e i percettori di reddito di cittadinanza. Uno degli ultimi commenti è stato dell’imprenditore Briatore, il quale ha dichiarato che era necessario sospendere la misura per garantire personale ad attività stagionali. Alle accuse circa le pessime condizioni lavorative offerte dalle attività turistiche e di ristorazione, Briatore ha risposto che il problema non risiede nell’offerta salariale da parte delle imprese, ma nella voglia di lavorare dei giovani. In questi stessi giorni è stato poi il senatore di Italia Viva Matteo Renzi ad attaccare il reddito, proponendo un referendum per l’abolizione dello stesso. A suo parere, la povertà va contrastata attraverso il lavoro, non attraverso i sussidi. Sorge spontanea a questo punto la domanda su quale tipo di lavoro dovrebbe contrastare la povertà, secondo il senatore di Italia Viva. Un paese in cui il precariato è una piaga, dove il tessuto produttivo non risponde alle esigenze lavorative dei laureati e in cui le disuguaglianze sono aumentate a dismisura negli ultimi decenni, non sembra offrire emancipazione attraverso il lavoro. E non è nell’interesse del senatore Renzi, considerando che è stato sotto il suo governo, di cui il PD è stato purtroppo il protagonista, che i contratti a tempo determinato sono stati ulteriormente liberalizzati tramite il Decreto Poletti, così come sono state ridotte le tutele per licenziamento illegittimo nei confronti dei nuovi contratti a tempo indeterminato. Al di là dell’ambiente lavorativo disastroso italiano, che tramite l’interconnessione con il sistema pensionistico rischia di ripercuotersi fortemente anche sul futuro degli attuali lavoratori precari, come abbiamo analizzato precedentemente in un altro articolo, le accuse mosse al reddito di cittadinanza sono da sfatare.

 

Partiamo dall’argomentazione più diffusa: il reddito di cittadinanza toglie ai giovani la voglia di lavorare. In primo luogo, la misura viene erogata sulla base del nucleo familiare. Considerato che, secondo quanto riportato da AGI, il 50,3% degli under 35 vive ancora con i genitori, occorrerebbe che l’ISEE del nucleo intero sia inferiore ai 9.360 euro perché anche il giovane abbia accesso al reddito. È innegabile che una tale situazione economica necessiti di sostegno, e che non sarà il lavoro stagionale ad aiutare una famiglia con un reddito così basso. In aggiunta, i requisiti in base all’età non risultano chiari sul sito del Ministero del Lavoro ma, secondo quanto riportato dall’accademico Giugliano nel 2019, il beneficio non è accessibile agli under 26, anche in caso di residenza separata rispetto ai genitori. Il Sole 24 Ore aveva invece ipotizzato che il reddito avrebbe premiato i “bamboccioni”: coloro che hanno più di 26 anni e che sono ancora fiscalmente a carico dei genitori, nonostante vivano in un’altra casa pagata dalla famiglia e possano quindi costituire un nucleo separato. Al di là che i dati citati dimostrano quanto tale situazione sia improbabile, data la difficoltà riscontrata da molti giovani italiani nel lasciare la casa dei genitori, lo stesso giornale ammette in un altro articolo che solo il 6,7% dei richiedenti del reddito di cittadinanza nel 2019 aveva meno di 30 anni. È quindi evidente che le accuse mosse al reddito di cittadinanza e ai giovani non trovino riscontro nei dati.

 

Oltre all’età dei beneficiari, un altro punto da discutere riguarda direttamente il rapporto tra reddito di cittadinanza e lavoro. Secondo una simulazione per la prevalutazione della politica sociale effettuata dalla studiosa Cozzolino e dallo studioso Di Nicola, e riportata da Giugliano, circa il 45% dei percettori della misura avrebbe avuto una fonte di reddito derivata da lavoro autonomo o dipendente. Questo significa che il reddito non è in antitesi con una situazione lavorativa attiva ma, al contrario, si rende necessario nonostante la presenza di un impiego, che non garantisce un ISEE superiore ai 9.360 euro.

 

In conclusione, le accuse al reddito di cittadinanza appaiono parte di una retorica neoliberista che sostiene l’idea dell’emancipazione dell’individuo attraverso il lavoro, salvo poi rendere quest’ultimo fortemente deregolamentato e ostacolare l’ascensore sociale. I punti negativi del reddito di cittadinanza sono invece altri: la difficoltà di accesso da parte di cittadini stranieri, più a rischio povertà, e la mancata copertura delle persone bisognose. Infatti, come riportato da Il Fatto Quotidiano, secondo il presidente dell’Unione nazionale consumatori, solo il 51,8% degli individui aventi diritto riesce a usufruire del reddito o della pensione di cittadinanza. Eppure, per alcuni questa politica sociale rimane troppo ambiziosa, o addirittura folle, considerando la situazione delle finanze pubbliche in cui versa l’Italia. Tuttavia, come abbiamo già affermato in un articolo precedente, prima del Covid il bilancio primario in Italia è stato attivo per quasi 30 anni, mentre le difficoltà derivano dal vecchio debito, sui cui interessi potrebbero incidere anche le speculazioni dovute all’estrema liberalizzazione della finanza. Occorre poi ricordare quanto il sistema fiscale italiano sia iniquo, argomento anche questo già trattato, per cui non è la ricchezza a mancare, ma l’applicazione degli strumenti per redistribuirla. Infine, non si può pensare all’assenza di una rete di sicurezza pubblica in un mondo in cui il lavoro è sempre più fluido. Se una volta la previdenza sociale si realizzava attraverso una forte regolamentazione del lavoro, adesso che questa viene a mancare è necessario che il reddito non dipenda esclusivamente dalla presenza di un’occupazione. La sinistra non ha purtroppo svolto il suo ruolo in questo processo di trasformazione del lavoro e della previdenza sociale, anzi ha addirittura preso posizioni neoliberiste, in Italia come in Europa. Eppure è da qui che bisogna necessariamente partire per colmare il divario sociale. Inoltre, se le misure fossero prese a livello europeo, il rischio della fuga dei capitali dal debito sarebbe condiviso e forse meno problematico. L’alternativa al dominio del mercato esiste, sta adesso a noi pretenderla, dal nostro partito, dal nostro paese, e dalla nostra Europa.

 

Fonti

https://www.ilsole24ore.com/art/il-reddito-cittadinanza-premia-bamboccioni-che-vivono-fuori-casa-ABkjKOaB

https://www.ilsole24ore.com/art/domande-il-reddito-giovani-7percento-ABe1YVeB

https://www.redditodicittadinanza.gov.it/schede/requisiti

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/17/reddito-di-cittadinanza-a-maggio-118-milioni-di-famiglie-beneficiarie-importo-medio-583-euro-altre-483mila-hanno-ricevuto-il-rem/6233232/

https://www.leggo.it/italia/cronache/reddito_di_cittadinanza_flavio_briatore_giovani_voglia_lavorare-6171408.html

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/09/02/ora-e-ufficiale-renzi-vuole-abolire-il-reddito-di-cittadinanza-per-i-poveri-al-tg4-legge-il-quesito-del-referendum-per-labrogazione/6308930/

https://www.agi.it/economia/news/2021-05-18/lavoro-giovani-autonomia-meta-vive-genitori-12569887/

Ferdinando Giugliano (2019). “The populist revolution and the fight against

inequality. The Conte government between the ‘quotacento’ and the ‘citizens’ income’”, Contemporary Italian Politics, 11:3, 324-335.

 

 

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