Pratesi si diventa, ma come?
Pratesi si diventa, ma come?

Pratesi si diventa, ma come?

Scheda di approfondimento di Caterina F. Guidi Ricercatrice presso l’Università di Siena

 

La preparazione di questa scheda di approfondimento ha preso campo da un contributo online che l’autrice ha scritto nel novembre del 2021 per lo spazio blog di Agency for Peacebuilding sull’Huffington Post e, ancora prima, da un dialogo con la redazione di Neodemos[1], foro indipendente di osservazione, analisi e proposte che ha dedicato molto spazio al dibattito sulla cittadinanza.

Di fronte all’inasprimento della questione migratoria, vale la pena mantenere viva la discussione anche su questo aspetto, domandosi cosa accadrebbe in Toscana, ed in particolare a Prato, se venisse approvata la riforma sulla cittadinanza recentemente proposta. La scelta su Prato non è affatto casuale, presentando la città la più alta percentuale di studenti con cittadinanza non italiana in rapporto alla popolazione scolastica locale e quindi presentandosi come un caso studio d’eccezione.

 

La situazione attuale

Ogni volta che il discorso pubblico tocca la riforma sulla cittadinanza, ossia l’insieme dei diritti e doveri fondamenta del legame tra gli individui e lo Stato, si crea un cortocircuito polarizzante nell’opinione pubblica. Complice l’instabilità politica e il progressivo inasprimento della questione migratoria, il dibattito politico è caratterizzato da sentimenti anti-immigrazione alimentati e cavalcati per usi elettorali e dal sentire identitario della popolazione italiana, fortemente razzializzata. Il racconto dell’uccisione di Idy Diene (2018) a Firenze, dell’attentato di Macerata compiuto da Luca Traini (2018) o del recente omicidio di Youns El Boussetaoui per mano dell’assessore leghista Adriatici (2021) a Voghera sono esempi di come la razzializzazione sia spesso pure la narrativa predominante adottata nei media.

Negli ultimi dieci anni si sono succedute campagne di sensibilizzazione, come l’Italia sono anch’io o la più recente Dalla parte giusta della storia, insieme a proposte di legge sul tema della cittadinanza che però al momento rimangono carta bianca. Seppur migliorabili, le proposte di riforma sulla cittadinanza – che si succedono da anni in Parlamento senza arrivare a essere approvate – rappresentano un primo passo per riconoscere i diritti di quasi un milione di minori, figlie e figli di un pezzo d’Italia consistente che produce il 9% del PIL[2] di un paese che progressivamente si svuota di abitanti[3]. Solo nell’ultimo anno si sono registrati quasi 300.000 stranieri in meno, per un effetto combinato di pandemia, restrizioni legate al virus e anche calo demografico – in linea con quello che sta affrontando il paese[4].

 

Ma come si diventa cittadini italiani oggi?

Nel nostro Paese l’attuale legge sulla cittadinanza (L. n. 91/1992) è del 1992 e prevede che essa possa essere richiesta per naturalizzazione dagli stranieri regolarmente residenti da almeno 10 anni o, in caso di cittadini europei, da almeno 4 anni. È inoltre prevista la trasmissione della cittadinanza attraverso il matrimonio: il coniuge straniero di un cittadino italiano può presentare domanda dopo 2 anni dal matrimonio, in caso di residenza legale in Italia, o 3 anni nel caso di residenza all’estero. Tuttavia il decreto Salvini (D.L. n. 113/2018) allungava i tempi di attesa per presentare la domanda di cittadinanza portandoli da 2 a 4 anni, e le modifiche introdotte dal decreto Lamorgese (L. n. 173/2020) pur riducendo i tempi a 3 anni non riportano il testo alla sua formulazione originaria.

Il fenomeno delle naturalizzazioni interessa tutta l’Unione Europea: nel 2019 sono state più di 700.000 le persone che hanno acquisito la cittadinanza di uno Stato membro dell’UE, con un aumento del 5% rispetto al 2018. Guardando ai numeri assoluti riportati nel grafico 1, nel 2019 la Germania ha registrato il maggior numero di persone che hanno acquisito la cittadinanza (19% del totale dell’UE-27), seguita da Italia (18%, pari a 127.000 acquisizioni), Francia (16%), Spagna (14%) e Svezia (9%).

Grafico 1. Acquisizione di cittadinanza per naturalizzazione, 2010-2019

 

Pur attestandosi tra i primi posti in UE-27 per numeri assoluti, guardando al tasso[5] di naturalizzazione e quindi alla dimensione relativa del fenomeno, nel 2020 solo 2,6 cittadini ogni 100 nel nostro paese  acquisiscono la cittadinanza per naturalizzazione e il 50% dei quali per motivi di residenza (grafico 2).

Grafico 2. Motivi della naturalizzazione in Italia, 2012-2020

 

La riforma: ius culturae e ius soli temperato

A oggi non valendo il principio dello ius soli nel nostro Paese, chi nasce da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza solo se ha risieduto in Italia ininterrottamente e regolarmente fino alla maggiore età, presentando la domanda entro il 19esimo compleanno. Al contrario dell’uomo più veloce del mondo, l’italo-statunitense Marcell Jacobs, nato negli Stati Uniti ma da madre italiana e quindi, per lo ius sanguinis, cittadino italiano di diritto.

Tra i tentativi più riusciti delle riforme sul diritto di cittadinanza ricordiamo quella intrapresa durante la XXVI legislatura (2013-2018) riguardante sia il Governo Renzi (2014-2016)  che il Governo Gentiloni (2016-2018). La proposta di riforma (DL. n.2092) era stata votata dalla Camera dei Deputati il 13 ottobre del 2015, per poi essere trasmessa al Senato dove tuttavia l’esame non aveva concluso il proprio iter prima dello scioglimento delle Camere. Nel dicembre 2017, a conclusione della legislatura, il Parlamento Italiano infatti non aveva approvato in via definitiva la riforma della normativa sulle acquisizioni di cittadinanza.

Le diverse proposte di riforma[6], in discussione in Parlamento fin dalla scorsa legislatura,  prevedono due nuovi cammini percorribili per l’acquisizione della cittadinanza. Con l’introduzione dello ius soli temperato, sarebbero potuti diventare cittadini italiani i bambini e i ragazzi minorenni i cui genitori fossero stati in possesso del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo o, nel caso di cittadini comunitari, del “diritto di soggiorno permanente”. Secondo lo ius culturae, invece, avrebbero ottenuto il diritto alla cittadinanza i minori stranieri, nati in Italia o arrivati entro il compimento del 12° anno di età, qualora frequentanti un percorso educativo per almeno cinque anni sul territorio nazionale.

 

Quali sarebbero oggi i numeri della riforma?

Recenti stime[7] parlavano di un bacino di più di 800.000 potenziali beneficiari minori stranieri, considerando le due opzioni sopra elencate: abbiamo provato a seguire la stima di Di Pasquale, Stuppini e Tronchin per riportare il quadro ad oggi.

Secondo Istat, al 1° gennaio 2020 in Italia su un totale di 60 milioni di abitanti i cittadini stranieri rappresentano l’8,4% della popolazione (tab. 1). Tra questi, coloro che hanno fino ai 18 anni arrivano ad incidere per il 21% sulla popolazione straniera totale. Guardando al caso pratese, su un totale degli abitanti i cittadini stranieri incidono per il 18,5% della popolazione totale, in un contesto come quello toscano che vede pari all’10,8% la percentuale straniera su quella totale. Guardando al totale degli stranieri che hanno fino a 18 anni, questi arrivano ad incidere per ben oltre il 27% nel caso pratese e per circa 21% in quello toscano. Ammettendo che tra di loro nessuno abbia lasciato – o lasci – il nostro territorio per cinque anni consecutivi e stimando, come riporta Istat, che circa il 65% delle madri straniere risiede da più di cinque anni nel nostro paese, sarebbero circa 691.674 i potenziali nuovi italiani che beneficerebbero dello ius soli temperato, pari a 53.785 i potenziali nuovi toscani e a 8.413 quelli pratesi.

 

 

A essi dovremmo aggiunge coloro che beneficerebbero del ius culturae (tab. 2). Stando ai dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione relativi all’ultimo anno scolastico 2019-2020[8], gli studenti stranieri rappresentano il 10% della popolazione scolastica totale, di cui 188.038 hanno già completato cinque anni di scuola primaria, attualmente iscritti alla scuola secondaria di I° grado. Prato si presenta al primo posto per gli studenti con cittadinanza non italiana in rapporto alla popolazione scolastica locale con un’incidenza del 28% contro il 14,5% toscano. Guardando ai cicli dell’istruzione obbligatoria, consideriamo quindi i circa 15.647 nel caso toscano e 2.649 circa in quello pratese che siano iscritti a quella secondaria di I° grado.

 

Concludendo (tab. 3), dei circa 879mila potenziali beneficiari della riforma a livello italiano, sarebbero circa 11.062 i nuovi “cittadini” pratesi, pari al 23% del totale dei cittadini stranieri, e più di 69mila i nuovi “cittadini” toscani, ossia oltre il 17% della presenza totale straniera regionale. Accanto a queste stime andrebbero poi considerati, ogni anno, i nuovi nati stranieri che potrebbero completare i cinque anni di scuola: una cifra compresa tra 60 e 65 mila unità nel caso italiano, tra i 4.500 e i 5.100 in quello toscano e tra 600 e i 700 in quello pratese.

 

Una responsabilità politica – Prato al Futuro (cit.)

Se ci domandiamo dove sono questo milione e passa di italiane e italiani, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. Il solo mondo culturale – letterario, musicale, universitario – è contraddistinto da una stabile compagine a rappresentanza di questa generazione, seconda a nessuno. La responsabilità politica di riconoscere a essi pieni diritti di cittadinanza coincide con la possibilità o meno per lo Stato di governare una fetta consistente dei suoi abitanti e contenere tensioni e conflitti sociale.

Questa sembra essere un impegno ancora più pressante in un ambito come quello educativo dove il numero degli studenti “stranieri” nati in Italia è di circa il 64,5%[8]  e in una città come Prato dove circa 1 su 3 alunni non ha origini italiane. Combattere la razzializzazione significa, quindi, anche prevenire la violenza che essa genera nell’emarginazione di una parte sempre più consistente della popolazione, peraltro sempre più fondamentale per il funzionamento della società.

 

 

 

Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza? Stanno per arrivare i barbari oggi.

Perché un tale marasma al Senato? Perché i Senatori restano senza legiferare? È che i barbari arrivano oggi. [..]

Perché le strade e le piazze si svuotano così in fretta e perché rientrano tutti a casa con un’aria così triste?

È che è scesa la notte e i barbari non arrivano.

E della gente è venuta dalle frontiere dicendo che non ci sono affatto barbari

E ora, che sarà di noi senza barbari? Loro erano una soluzione.

 

(Le invasioni barbariche, 1908, Konstantinos Petrou Kavafis)

 

[1] Si rimanda per ulteriori approfondimenti ai dibattiti sulla riforma ospitati recentemente ospitati da LaVoce.info e, in particolare, su Neodemos nell’ebook Ius soli e ius culturae. Un dibattito sulla cittadinanza dei giovani immigrati.

[2] Fondazione Moressa, 2021. Rapporto annuale 2021 sull’economia dell’immigrazione, Il Mulino, Bologna.

[3] Caritas e Migrantes, 2021. XXX Rapporto Immigrazione 2021, Verso un noi sempre più grande, Tau, Roma.

[4] Istat, 2021. Indicatori demografici Anno 2020, Istat, Roma.

[5] Ossia il rapporto tra il numero totale di acquisizioni di cittadinanza (131.803) e lo stock di stranieri residenti all’inizio dello stesso anno (5.039.637, dati Istat al 1 gennaio 2020).

[6] Codini E., 2021. Ius culturae – Brevi note a proposito dei progetti di riforma dei modi d’acquisto della cittadinanza concernenti i figli degli immigrati, ISMU, Milano.

[7] Di Pasquale E., Stuppini A. e Tronchin C., 2017. Ius soli, una strada per l’integrazione, LaVoce.info.

[8] Miur, 2021. Gli alunni con cittadinanza non italiana A.S. 2019/2020, Miur, Roma.

 

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