Perché sostengo Andrea Orlando
Perché sostengo Andrea Orlando

Perché sostengo Andrea Orlando

di Maria Rita Paratore, Giovani Democratici Prato

Ho deciso di aspettare la fine dei congressi per scrivere il perché del mio sostegno alla candidatura di Andrea Orlando. La ragione è molto semplice: volevo vedere che aria si respirava nei circoli, quali le sensazioni, gli umori. Devo dire che è stata un’esperienza non indifferente. Ho potuto comprendere posizioni diverse dalle mie, mettendomi nella condizione di ascoltare.

Ecco, parto da qui non senza una ragione. La politica, mi ha insegnato la Arendt, non è tale se non è dialogo. Sono affezionata alla parola greca logos che significa un sacco di cose, più banalmente discorso. Sono, allo stesso tempo, sempre più convinta che il discorso sia vano se non ci si mette nelle condizioni di saper ascoltare. Questa è la parola che sta al centro del programma di Andrea Orlando ed è questa la ragione più importante per cui mi sento di sostenerne la candidatura.

Penso che il Partito Democratico sia un bene per il nostro Paese. Lo dico sinceramente: è l’unico partito che si è dato regole democratiche ed è l’unico partito che ha colto la sfida della pluralità, accettando le diversità al suo interno.

Ed è per questo che io pretendo un cambiamento. Un cambiamento che non sia contro la tale persona o la talaltra, piuttosto un cambiamento di paradigma nel concepire il ruolo del Partito nella società. L’unica parola che mi viene in mente è mobilità. Cioè penso che sia necessario un partito mobile, capace sì di fare analisi, sì di fare proposte per i Governi che verranno, ma che sia capace di stare tra le persone, capace di decidere con, e non di decidere e basta. Penso ad un partito incubatore di idee, proposte e penso ad un segretario che sia capace di rappresentarne la complessità e la sintesi di tale complessità.

Ritengo lo si possa fare solo se definiamo bene anche le parti che in un partito plurale sono in gioco. Solo, cioè, se ci diamo una struttura per cui chi è maggioranza ha diritto di fare la maggioranza senza scavalcare gli altri, senza la necessità di snaturarsi in una maggioranza moderata, e che la minoranza sappia essere propositiva e, secondo me, decisiva. Penso che solo così si possa valorizzare la pluralità, le nostre differenze, dimostrando così non solo di saper coestistere, come fino ad oggi è stato, ma soprattutto di convivere, che forse è ben più difficile.

Allora vorrei che si avesse l’umiltà di dirsi che da soli noi non andiamo da nessuna parte. Bisogna avere l’umiltà di dire che quella vocazione maggioritaria aveva senso in un altro periodo storico e forse l’umiltà di definire anche con quale altro pezzo di mondo politico vogliamo stare, ricucendo anche tra quelle perdite che sono nostre, nostre responsabilità, frutto anche in parte di nostri errori. Ecco, voto Orlando con convinzione perché mi dice che c’è bisogno che la nostra comunità sia solida e compatta e che solo così siamo più forti per attuare il cambiamento, sconfiggendo come conseguenza naturale il populismo, diverso dal dire dobbiamo vincere perché sennò il populismo dilaga.

Nessuno basta a se stesso. E allora sento mia l’esigenza che lo stesso Orlando ha: tornare a decidere con i corpi intermedi, con altre realtà del centro sinistra, con il dialogo. Così con una riforma della scuola partecipata, così con una riforma del lavoro oculata, così con un’Europa diversa passando necessariamente e direi naturalmente attraverso una riqualificazione dello stesso PSE.

La vera sfida è dare voce a chi in questi anni ha sofferto. È sradicare in tre anni la povertà assoluta che coinvolge oggi in Italia 4,6 milioni di persone. Come si fa? Non lo si fa con il reddito di cittadinanza dei 5 stelle, ma possiamo pensare a un reddito di inclusione che concili l’esigenza di servizi immediati e beni di prima necessità e la speranza di un posto di lavoro. Perché “se dai soldi a chi è povero, le risorse si traducono in consumi per rilanciare la domanda”, creando un circolo virtuoso per cui tu non sei solo uno stato assistenzialista, ma lungimirante che aiuta quella classe media che barcolla ma non cade.

E al centro dei servizi di primo ordine ci deve stare l’educazione, la formazione, la scuola. Questa è per me la vera sfida della democrazia, del partito democratico che riecheggia costantemente leggendo la mozione Orlando. Perché la scuola è quel luogo che può cambiare la vita a chi non ha niente, ed in parte per me è stata questo, ma non per tutti i miei coetanei. Allora dobbiamo pensare la scuola come l’ascensore sociale capace di sconfiggere le povertà economiche, sociali e culturali ed anche empatiche. Bisogna dire con forza, e sarò onorata di aggiungere nel documento che con GO progetteremo da qui al 30 aprile, che la scuola ha bisogno di una riforma dei cicli, che va ripensata l’alternanza scuola-lavoro, che vanno ripensate le competenze degli enti locali e le autonomie scolastiche.

Ecco, avrei tante altre cose da aggiungere, ma mi fermo qui. Chiudo semplicemente dicendo che per me è un’emozione non indifferente avere la possibilità di condividere con altri miei coetanei la mia idea di società. Aggiungo che ciò non sarebbe stato possibile senza una Giovanile forte, capace di tenere uniti tanti ragazzi pur nella loro diversità, tra orlandiani e renziani (emiliani no, non ce ne sono) che stanno insieme, argomentano e si confrontano.

Un grazie di cuore,

Maria Rita

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