Perché parlare di integrazione in Europa?  Prato può essere la risposta
Perché parlare di integrazione in Europa? Prato può essere la risposta

Perché parlare di integrazione in Europa? Prato può essere la risposta

dal documento “Prato: 122 mondi, una sola città” dei Giovani Democratici Prato

Il fenomeno migratorio è destinato a mutare il volto dell’Unione Europea

Di fronte alla migrazione di milioni di persone verso l’Unione Europea, la ricerca di nuove forme di convivenza per coniugare differenti culture e modi di vivere con le regole cardini della nostra civiltà è imprescindibile e necessaria. Spesso le popolazioni si raggruppano e formano piccoli nuclei nelle città ricreando un senso d’appartenenza partendo dal basso, con gli automatismi culturali e le istituzioni sociali dei paesi di provenienza. È necessario che in questi casi non vengano lasciate a se stesse, ma vengano avviati percorsi di conciliazione tra le loro tradizioni e i valori alla base della costituzione vigente. Solo una gestione organica e lungimirante dei flussi può portare all’elaborazione di nuovi modi di vivere insieme.

Il fenomeno migratorio è destinato a mutare il volto dell’Unione Europea, a modificarne le caratteristiche antropologiche e sociologiche, a mettere in discussione le dinamiche giuridiche e politiche, a costringere un riassetto dell’economia e del mercato del lavoro e a scontrarsi con alcuni aspetti della nostra cultura. Questo è un processo a cui non tutti vogliono aprirsi e che, nel momento in cui ci rifiutiamo di analizzare per respingerlo a priori, rischia di travolgere l’attuale assetto culturale ed economico della democrazia occidentale e di non trovare un graduale passaggio che accompagni il presente dell’Unione Europea verso nuovi orizzonti. Se non governate, infatti, le migrazioni si prestano ad interpretazioni catastrofiste che conducono pericolosamente alla paura e all’intolleranza da parte delle popolazioni locali, ad un senso di incomunicabilità ed inconciliabilità culturale, primo passo verso l’auto-esclusione e l’auto-ghettizzazione.

La situazione è indubbiamente complessa e costituisce forse una delle maggiori sfide che il nostro continente si trova ad affrontare in questo secolo, a fianco della crisi economica e ambientale.

Insito nel concetto di politica progressista è quello di accettare il mutamento della società e tentare di adibire degli strumenti istituzionali al fine di una maturazione e di una evoluzione del quadro normativo e amministrativo che sia coerente con i cambiamenti sociali e culturali della popolazione la cui vita esso regolamenta.

Di fronte alla crescente interdipendenza tra paesi, alla necessità di una maggiore collaborazione nella formulazione di risoluzioni sulle suddette tematiche e al bisogno di trovare politiche comuni, riteniamo che non si possa tornare indietro tramite politiche marcatamente nazionalistiche; le “soluzioni” che vengono proposte in modo crescente da alcuni leader nella stessa Unione Europea parlano in realtà di deresponsabilizzazione e non sono mosse dalla volontà di sciogliere il problema, al contrario di lasciare che le complicazioni si accumulino fuori dal proprio territorio nazionale, nel nome di una visione vecchia e bieca di bene individuale, in contrapposizione a quel bene comune nel nome e in virtù del quale l’Unione Europea affonda le proprie radici.

Anche nei singoli paesi la questione dell’integrazione dev’essere analizzata rintracciando una coerenza con il quadro legislativo, per poi giungere alle questioni di partecipazione ed inclusione etnica e sociale sul territorio.

In Italia abbiamo bisogno di una nuova legge sul diritto di cittadinanza

In Italia la questione della riforma della legge di cittadinanza è ampiamente discussa da tempo. La difficoltà dell’iter burocratico per l’ottenimento della cittadinanza e dei diritti ad essa connessi (primo tra tutti il voto) rende farraginoso il meccanismo d’integrazione e delinea un processo di riconoscimento di individui e comunità che hanno ormai maturato un senso d’appartenenza all’Italia lento e demotivante, a causa dell’impossibilità di sentirsi rappresentati dal mondo politico.

Vi sono poi abitanti la cui identità è già indiscutibilmente italiana e riferendosi ai quali non si può parlare d’integrazione, ma che non vedono riconoscersi i propri diritti a causa di una legge che non rispecchia i bisogni e la situazione attuale. Ad esempio, dei 35mila stranieri presenti a Prato, 10mila sono minorenni residenti qui dalla nascita, culturalmente italiani, che però non hanno diritto ad essere rappresentati; in questi dati non sono poi inclusi tutti quei giovani delle seconde generazioni ormai maggiorenni che non rientrano nella fascia ma che si trovano iniquamente costretti nella condizione di stranieri. Questo è un esempio di come l’anacronismo delle leggi abbia ripercussioni a livello locale; vi sono poi elementi di ulteriore difficoltà, come il fatto che la Cina non ammette la doppia cittadinanza.

Prato laboratorio europeo per le politiche di inclusione etnica e sociale

Per Prato l’immigrazione non è certo un tema ignoto: i flussi hanno modificato profondamente la storia ed il tessuto socio-economico della città, nella quale vive e lavora un numero di immigrati che supera di dieci punti percentuali la media nazionale. L’immigrazione principale negli anni è stata quella cinese, seguita da quella albanese, rumena e pakistana. Una realtà per la quale il lavoro ha costituito il principale richiamo per chi vedeva nella nostra città l’opportunità di un miglioramento delle proprie condizioni, deve ora rispondere alla problematica della povertà e della disoccupazione, ricercando una nuova interpretazione del lavoro come principale canale d’inclusione. Un’area che, per le dinamiche relative al lavoro stesso, si trova ad avere un’altissima concentrazione di persone cinesi, deve ora ricercare una nuova esegesi, e reinventare la narrazione di sé in modo coerente con quella che è nella sua particolarità ma anche pertinente con la lettura dello spazio in relazione con la città intera.

Crediamo in una Prato che si metta in gioco, perché la partita dell’inclusione e dell’elaborazione di nuovi modi per vivere insieme è importante per l’Europa, fondamentale per l’Italia ed essenziale per la città. Crediamo in Prato come espressione del processo di ricerca di queste formulazioni, coerentemente con la sua vocazione di città contemporanea e multietnica: un laboratorio per l’Unione Europea che si faccia teatro di percorsi innovativi.

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