Memorandum Italia-Libia: una proroga per continuare a voltarsi dall’altra parte
Memorandum Italia-Libia: una proroga per continuare a voltarsi dall’altra parte

Memorandum Italia-Libia: una proroga per continuare a voltarsi dall’altra parte

Di Maria Logli, responsabile integrazione e politiche sociali dei Giovani Democratici di Prato.

 

ll Memorandum Italia-Libia stipulato il 2 Febbraio 2017 ci ha resi mandanti politici, economici e morali dei trattamenti violenti protratti dalla Guardia costiera di Tripoli e delle atrocità inumane che avvengono nei campi di detenzione, già denunciate dal Report 2018 dell’UNHCR, dalle Nazioni Unite e da molteplici ONG. In funzione di una sempre minore responsabilità italiana ed europea nella gestione del flusso migratorio non solo tolleriamo, ma finanziamo luoghi che sono teatro di compravendita di esseri umani, torture, stupri e abusi.

Se l’accordo viene prorogato, quanto accaduto negli ultimi due anni proseguirà.

Il Memorandum d’intesa Italia-Libia (Memorandum of understanding, Mou) è stato stipulato il il 2 febbraio 2017 dall’allora presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni e dal primo ministro del governo di riconciliazione nazionale libico Fayez al-Serraj. L’accordo, che ufficialmente disciplina “la cooperazione nel campo dello sviluppo”, “il contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani e al contrabbando” e “il rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”, fu fortemente voluto dall’ex ministro dell’interno Marco Minniti per ridurre il flusso migratorio. Esso prevede che l’Italia sostenga e finanzi la guardia costiera libica per recuperare le imbarcazioni e riportare indietro i migranti, e i centri di detenzione governativa, nei quali persone con la sola colpa di cercare futuro in Europa vengono rinchiuse in condizioni disumane.

Da allora il flusso migratorio è calato considerevolmente. Nel 2018 sono arrivate in Europa 139.300 persone, di cui 116.647 attraverso il Mediterraneo: il numero più basso degli ultimi cinque anni. Nonostante questo drastico calo, secondo il rapporto di UNHCR del 2018, 2.275 persone risultano morte o disperse a causa della riduzione delle capacità di ricerca e soccorso e della mancanza di flussi programmati. Così,  al calo di arrivi è corrisposto un aumento del tasso di mortalità, dal momento che le persone hanno continuato a fuggire dai propri Paesi. Nel tratto Libia-Italia nel 2017 moriva una persona su 39, nel 2018 una ogni 17. E questo solo in mare: i migranti come pagano il calo di sbarchi una volta in Libia?

In funzione di una sempre minore responsabilità italiana ed europea nella gestione del flusso migratorio, non solo tolleriamo, ma siamo mandanti di quanto avviene nei centri di detenzione libici, teatro di compravendite di esseri umani, torture, violenze, stupri e abusi per mano di funzionari pubblici libici, di miliziani che fanno parte di gruppi armati e di trafficanti in un contesto di assoluta impunità. Non solo: la guardia costiera libica è stata accusata dalle Nazioni Unite di accordi con i trafficanti di esseri umani; Abd al Rahman Milad, noto come Bija, è comandante della Guardia costiera di Zawiya, oltre che delle milizie fedeli a Fayez al-Sarraj, ed è considerato un trafficante di migranti e accusato di episodi di violenza nei loro confronti; Nello Scavo, nell’inchiesta pubblicata su Avvenire, riporta che nel maggio del 2017 Bija partecipò a una riunione con delegati inviati dal governo italiano, organizzata a Catania.

Nel gennaio 2018 l’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, chiese al ministero dell’Interno di conoscere lo stato di attuazione dell’accordo, ma la richiesta è stata respinta perché avrebbe “comportato un pregiudizio concreto a interessi tutelati dalla legge, quali ‘sicurezza pubblica’ e ‘ordine pubblico’”.
Di tutti i centri di detenzione libici ufficiali (19) le Ong hanno accesso a meno della metà; inoltre non è noto il numero dei centri di detenzione ufficiosi.

Così il numero di migranti che arrivano sulle nostre coste è diminuito, come non cessano di ricordarci i ministri degli interni che si susseguono al governo con l’obiettivo di rivendicare questo calo come una vittoria politica. Ma a che prezzo? L’attuale situazione è di una tale gravità che è impossibile concepire l’idea di tollerarla in vista di graduali miglioramenti: l’accordo dev’essere interrotto.

Tuttavia, in vista della data della proroga automatica per altri tre anni, il nostro governo ha deciso di non revocare l’accordo, ma di avanzare, in data 1 novembre 2019, la richiesta di riunire la commissione congiunta di Italia e Libia per modificare l’intesa con l’obiettivo di migliorare il Memorandum sul fronte dei diritti umani. Alla commissione prenderanno parte il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. La risposta di Hassan El Honi, il consigliere per la stampa del presidente del Governo di accordo nazionale Fayez Al Serraj, è stata positiva.

Quanto accaduto negli ultimi due anni proseguirà. 

Nel 2018 la Guardia costiera libica ha incrementato le proprie operazioni col risultato che l’85% delle persone intercettate e fatte risbarcare in Libia; sempre più imbarcazioni hanno tentato quindi di eludere la Guardia costiera, nella speranza di giungere a Malta o in Italia, ma anche qua non sono al sicuro: non ci sono più le ONG (40% del totale dei salvataggi nel 2016), a causa delle continue restrizioni, tra cui il noto Decreto sicurezza bis, e anche la Guardia Costiera Italiana sembra aver ridotto il proprio raggio d’azione. Inoltre pure sulle nostre coste i migranti sono ostaggi della bieca e spietata ricerca del consenso in una perenne campagna d’odio. Pochi giorni fa i 90 naufraghi salvati dalla Alan Kurdi, dopo aver subito torture in Libia, sono stati soccorsi mentre i nostri assoldati della Guardia costiera libica aprivano il fuoco su di loro: eppure nel dibattito politico non si parla ancora di soluzioni. Sembra impossibile trattare queste persone come la Costituzione, la Convenzione di Ginevra e la decenza umana ci imporrebbero di fare.

La propaganda che insiste sul tema dell’immigrazione porta a questo. Migliaia di vite umane risentono della narrazione surreale che diamo di questo fenomeno. Dobbiamo iniziare a mettere in campo le molteplici alternative ai trattamenti inumani di cui siamo mandanti politici, economici e morali, a partire dall’interruzione del Memorandum e dal miglioramento delle capacità di ricerca e di soccorso nel Mediterraneo eliminando le restrizioni alle ONG, fino all’istituzione di vie sicure e legali di accesso alle procedure d’asilo in Europa così da non costringere chi fugge ad affidarsi a trafficanti su imbarcazioni di fortuna.

Questo ci aspettiamo dal Partito Democratico, il nostro Partito, al Governo. O non ci sarà argine alla disumanità di questi tempi.

Sulle violazioni di diritti umani non può esserci alcuna mediazione.

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