Lavoro: “Non è solo Lavoro”
Lavoro: “Non è solo Lavoro”

Lavoro: “Non è solo Lavoro”

                                                                                                                                Di Francesco Bellandi Responsabile sviluppo e lavoro

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. È quello che viene enunciato nella prima parte dell’articolo 1 della Costituzione italiana, secondo cui il lavoro viene riconosciuto come uno dei principi fondamentali della vita economica e sociale del Paese. Se è vero che il lavoro nobilita l’uomo è tanto vero che la disoccupazione nel nostro Paese esiste ed è largamente diffusa: ad aprile l’Istat ha annunciato che il tasso di disoccupazione in Italia si attesta all’11,4%. La mancanza di lavoro per le persone è una ferita molto grande, che crea enormi problemi in una società già molto fragile e instaura una spirale di eventi e sistemi di crisi che, oltre a impoverire economicamente l’individuo, tende a recederne anche l’aspetto socio-culturale, critico e di pensiero.

Credo quindi che sia sbagliato pensare alla crisi come un mero problema economico, ma va concepita anche come un fenomeno sociale, che ha minacciato inevitabilmente l’esistenza stessa di valori, di affezioni alla collettività e allo spirito comune, di condivisione e di solidarietà verso il prossimo; proprio perché in uno stato di necessità, in cui non si percepiscono vie di uscita collettive, l’individuo tende naturalmente a pensare alla propria sopravvivenza, anche a scapito della comunità stessa, nella quale non nutre più speranza. La disoccupazione porta alla mancanza di sentirsi partecipi alla macchina della società-vita, nella quale tutti siamo presenti. L’assenza prolungata di lavoro scoraggia e deprime quindi in modo sistemico tutto quello che precedentemente ho descritto.

Ottenere un lavoro non vuol dire solo essere più produttivi economicamente, ma significa anche acquisire dignità e senso di appartenenza a una collettività. Il lavoro è quindi un elemento che lega le persone l’una all’altra e che garantisce la democrazia.

Lo Stato ha il dovere di intervenire, per eliminare tutte quelle disparità delle capacità economiche tra fasce di popolazione, che creano tensioni forti e malumori pesanti.. Dobbiamo trovare soluzioni per creare lavoro; eppure il lavoro non si crea solo con il Jobs Act (che noi riteniamo una riforma utile e necessaria nell’immediato), ma con una seria pianificazione della crescita economica del nostro Paese.

L’Italia, dagli anni ‘70 in poi, ha subito lo smantellamento del suo tessuto industriale “di Stato”, a favore di piccole e medie imprese slegate tra loro che, col recente avvento della globalizzazione, hanno sempre maggiori difficoltà a rimanere nel mercato. Così come l’Italia, Prato non ha saputo mai guardare avanti al tessile e all’indotto che questo portava. Un po’ dormendo sugli stracci, è mancata una pianificazione che guardasse al futuro smantellamento della produzione e che pensasse e la città del futuro in una prospettiva globale. Solo adesso lo stiamo facendo, dopo aver visto cadere in basso e toccare quasi il fondo una delle città più ricche e rinomate nella produzione e nella produttività italiane. Solo adesso stiamo cercando di dare un nuovo volto e un nuovo significato alla città, con la politica e con le amministrazioni. In Italia arriviamo sempre un passo dietro, pensiamo sempre che tutto cambierà, ma non decidiamo mai quando cambiare. Non possiamo più perdere tempo. Partiamo da Prato e dal lavoro per ridare prospettiva di crescita alle persone e al nostro Paese.

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