Il Ruolo dei Sindacati
Il Ruolo dei Sindacati

Il Ruolo dei Sindacati

 

Il ruolo dei sindacati

 

Di Aksel Fazio responsabile lavoro e sviluppo dei Giovani Democratici di Prato.

Spesso accettiamo, o peggio giustifichiamo, richieste inique con la mancanza di alternative. Una condizione che coinvolge non solo le fasce più in difficoltà. Viviamo in un sistema che ha imposto un bilancio insanabile fra chi offre lavoro e chi lo cerca. Non si può fare altrimenti, perché qualcuno altro lo accetterà al posto tuo, e un lavoro ti serve. Una posizione sempre svantaggiosa ha reso antisociale chi questo compromesso non lo accetta, chi non si piega viene emarginato. Allora si trova in difficoltà chi denuncia quello che, a tutti gli effetti, è un rapporto di schiavitù. Scopo dello stato italiano, che si fonda sul lavoro, è costruire un sistema in cui tali logiche di sfruttamento fatichino a formarsi e mantenersi, scopo dei sindacati dare voce a chi si trova in queste situazioni nonostante questo. Perché sembra troppo ingenuo credere che possa esistere un mondo in cui certe condizioni non possano in nessun modo esistere.

È recente la storia di due lavoratori di una fabbrica tessile di Montemurlo. In un momento in cui il ruolo dei sindacati è colpevolmente ambiguo. Due lavoratori si sono trovati in una situazione che tanti altri accettano, a discapito dei proprio diritti. La loro denuncia, sostenuta dai sindacati, è stata ascoltata e accolta, garantendo loro le giuste condizioni. È ancora più recente il caso della ditta di Calenzano, dove il presidio della CGIL è durato una settimana, al freddo e alla pioggia, al termine del quale i lavoratori hanno ricevuto il loro stipendio. E infine il caso della tintoria di San giusto dove i sindacalisti hanno avuto come risposta per i loro picchetti un foglio di via. Casi di cronaca anche con molte differenze tra loro ma la violenza che hanno subito dovrebbe farci incazzare. Dovrebbe farci scendere in piazza per unire le nostre alle loro voci. Perché con la violenza si vuole legittimare il proprio abuso. Se non ti sei arreso al resto, ti arrenderai a questo. Perché anche noi accettiamo compromessi lavorativi, perché anche noi subiamo la solitudine di un mondo lavorativo che ci può sostituire in un attimo, e rifiutiamo i nostri stessi diritti. La situazione a Prato è complessa, con un tessuto lavorativo ampio e diversificato, e un gran numero di piccole e piccolissime imprese. Progettare un sistema di controllo efficace è duro, dato il numero a quattro cifre. Inoltre, essere puntuali e presenti è complicato da un ricambio elevatissimo: molte nuove aziende aprono ogni anno, molte quelle che chiudono. Il primo strumento è l’informazione. Come giovanile, non possiamo non credere nella formazione, non solo dei nostri coetanei. Perché c’è anche questo: chi neanche è a conoscenza dei propri diritti, che, quindi, silenziosamente vengono lesi. E c’è chi ha paura che non ci sia nessuno a garantirgli un lavoro, nel caso denunciasse, e un lavoro ti serve. E allora diventa sempre più importante far conoscere il mondo dei sindacati e dei corpi intermedi, per ripristinare un rapporto di fiducia anche con chi assume. I sindacati devono però compiere un forte atto di rinnovamento. A partire dalla propria struttura e sistema di categorie. Perché oggi rimangono fasce non tutelate o isolate tra loro perdendo il potere contrattuale ai tavoli con le aziende. È fondamentale il lavoro con le istituzioni per progettare un sistema che isoli le aziende cancro, promuovendo il modo virtuoso di far produzione. Costruire una struttura che porti spontaneamente ad investire nei valori intangibili piuttosto che svalutare il costo del lavoro. Una società lavorativa è un sistema complesso, costituito da parti che hanno esigenze e bisogni diversi. Non si possono trattare i singoli aspetti in compartimenti stagni, con manovre che provano a sanare piccole questioni, che poi provocano sbilanci altrove. Serve un’azione che contempli la totalità. Serve far dialogare l’intero ciclo con le associazioni che ci lavorano, che grazie alle loro esperienze specifiche possono rappresentare il complesso tessuto lavorativo. Come forza di sinistra non possiamo arrenderci a tappare i buchi di un sistema di produzione che ignora la responsabilità sociale. Possiamo progettarne una che anticipi la prossima rivoluzione industriale e non subire, ma pretendere la piena automazione. Inutile mettere i proprietari di azienda e i lavoratori gli uni contro gli altri, quando anche la letteratura accademica sancisce un rapporto strettissimo quanto banale: se il lavoratore sta bene, sta meglio anche l’azienda in cui lavora. Però dobbiamo riconoscere che non possiamo arrivarci da soli. Che serve l’esperienza dei sindacati anche per progettare il futuro. Questo è lo scopo che ci prefiggiamo. Riuscire a costruire una proposta politica per la formazione di una struttura completa che sappia tracciare l’intero percorso produttivo, rispettando le necessità di ogni fase. Una base per un dialogo che deve rimettere al centro il lavoratore. Le leggi ci sono, come ci sono esempi di lavori virtuosi portati avanti a Prato dalle associazioni.

Perché nessuno deve più chinar la testa di fronte allo sfruttamento.

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