Il gelo balcanico: un esodo ignorato
Il gelo balcanico: un esodo ignorato

Il gelo balcanico: un esodo ignorato

Di Michele Arcidiacono, responsabile Integrazione GD Prato

La rotta balcanica è una delle varie direttrici di immigrazione verso l’Unione Europea ed è tanto impervia quanto per lunghi tratti ancora sconosciuta. La via della disumanità e della vergogna, nella quale troppo spesso le speranze vengono disilluse. Quando si sente nominare questo percorso terrestre che dovrebbe sfociare nella porta sud-est europea, a cui sono costretti ciclicamente migliaia di profughi e richiedenti asilo provenienti dal medio oriente e zone limitrofe, ma anche molti provenienti da Pakistan, Bangladesh e Marocco, una fetta dell’opinione pubblica resta indifferente, o peggio, invoca il blocco degli ingressi. La crudeltà a cui persone di ogni età, genere, etnia sono sottoposte al confine dell’Unione è indegno e lascia esterrefatti chi pensa, come noi, che i confini debbano essere luoghi proficui di osmosi e di pacifici incontri interculturali. Abbiamo ancora negli occhi l’immagine di quella reporter che al confine tra Serbia e Ungheria nel 2015 fece di proposito lo sgambetto ad un uomo con il braccio un bambino, con il solo scopo di intralciarli, di impedirne il proseguimento. Il cinismo e l’assenza assoluta di empatia sono prerequisiti all’innalzamento di muri e frontiere. L’idea che basti emarginare il problema per risolverlo è quanto mai deleteria ed errata.

Ci teniamo a esprimere dolore nel constatare come la prassi della xenofobia e del respingimento sia tutt’oggi applicata senza remore da presunti “apparati di sicurezza” paramilitari ai quali viene appaltato il compito di sorvegliare le frontiere, sovente utilizzando mezzi aggressivi e inaccettabili. Perciò riteniamo giusto batterci affinché esseri umani che hanno già sofferto in molti sensi e ambiti pene inenarrabili, non vengano ulteriormente umiliati, per giunta a poca distanza dalla sognata Europa, che diventa sempre più un miraggio avvolto nel filo spinato. Gli orrori vengono compiuti alla luce del sole, in una spirale di violenze, non direttamente visibili ma documentate: percosse, bastonate, tagli e intimidazioni di vario tipo; per tacere del freddo d’inverso e delle estenuanti marce nei boschi. Durante il 2020 lo Stato italiano ha respinto in Slovenia 1240 persone, il 423% in più rispetto al 2019: non si tratta di meri numeri o percentuali. Chi non denuncia queste atrocità ne è in qualche modo complice silenzioso.

Consci della grave situazione, che esula dai singoli confini nazionali e che da anni si protrae ad ondate, chiediamo che si mettano in campo azioni pratiche che si inscrivano nel solco dell’accoglienza e del non-refoulement: domandiamo che sia riconosciuto la status di protezione internazionale oltre alla riforma degli anacronistici testi che regolano e penalizzano l’immigrazione considerandola clandestina; auspichiamo altresì la fine dei respingimenti violenti annoverabili come vere e proprie torture, fisiche e psichiche, compiute da paesi extra-UE come  Croazia e Serbia e incoraggiate anche da politiche reazionarie e conservatrici all’interno degli stessi paesi membri. I campi dismessi e abbandonati in Bosnia-Erzegovina (Secondo l’Oim, sono circa 8 mila i migranti illegali che si trovano attualmente in Bosnia-Erzegovina) uno degli sfortunati crocevia di questa rotta, ci rammentano, non solo di quanto ogni azione concreta volta a migliorare la situazione (ad esempio attraverso ONG che distribuiscono pasti e generi di prima necessità) sia ben accetta, ma che la situazione si sta rapidamente incancrenendo e che serva, oltre ad un’azione orizzontale coordinata, anche una presa di coscienza internazionale, per scongiurare una vera e propria crisi umanitaria. Denunciamo apertamente il palese ricatto orchestrato da Erdogan che tiene in scacco i vertici europei sui migranti, tenuti prigionieri e ostaggi in Turchia e Libia. La questione è tanto seria quanto a noi prossima: pretende la necessaria attenzione, competenza e conoscenza sistemica dei flussi. Non possiamo assistere indifferenti a questo macabro gioco sulla pelle di innocenti che hanno l’unica colpa di credere in un futuro migliore e accogliente. È per questo che sulla violazione dei diritti umani, per giunta perpetrati a pochi passi dai nostri confini, non possiamo chiudere gli occhi.

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