Il Diritto allo Studio nel 2016 – La visione della Federazione degli Studenti di Prato
Il Diritto allo Studio nel 2016 – La visione della Federazione degli Studenti di Prato

Il Diritto allo Studio nel 2016 – La visione della Federazione degli Studenti di Prato

 di Matteo De Liguori

“La Scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”

Così l’articolo 34 della nostra Costituzione; dieci bellissime e semplici righe che hanno plasmato, nel vero senso della parola, il sistema scolastico italiano degli ultimi 70 anni, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Dieci righe semplicemente geniali, all’interno di ciò che rappresenta la rinascita di un Paese, il nostro, e con essa la rinascita della scuola pubblica, così come ci ricorda Piero Calamandrei, il quale ci esorta così a rispettare e diffondere la nostra Carta Costituzionale: “Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta”.

Dieci righe pure, insomma, che mi permettono anche solo di poter scrivere queste parole e che ci hanno permesso, ad esempio, di cominciare una campagna di sensibilizzazione nelle scuole superiori del territorio sui temi del diritto allo studio e dell’integrazione.

Parlare di Diritto allo Studio al giorno d’oggi non è certo semplice, anche se, d’altro canto, è fondamentale ed è impossibile pensare che questo tema possa essere discosto in qualche modo dal modello di scuola a cui la Federazione degli Studenti da sempre fa riferimento. Se la scuola è, come spesso ci diciamo, quell’ascensore sociale che permette a tutti, attraverso l’abbattimento delle barriere socio-economiche (come dice peraltro la Costituzione), di raggiungere i propri obiettivi e di sfruttare proprio quest’ambiente per uno sviluppo umano, oltre che materiale, allora parlare di diritto allo studio significa proprio questo: sollecitare i Dirigenti Scolastici delle nostre scuole a limitare la sempre più diffusa e massiccia adozione delle nuove edizioni in materia di libri di testo nonché agevolare quei ragazzi che i libri di testo non se li possono comprare d accompagnarli in un percorso da cui nessuno deve essere escluso. Proprio per questo è importante, allo stesso modo, parlare di integrazione.

Soprattutto a Prato, dove il tasso di abbandono scolastico è pari al 17,8% (se pur in calo rispetto agli anni passati) e dove dobbiamo quindi almeno sforzarci di andare a comprendere tutte le cause di questo fenomeno e capirne le ragioni, così da “aiutare” questa percentuale a scendere ancora un pochettino, o almeno provarci.

Abbiamo già detto che parlare di diritto allo studio, soprattutto oggi, non è certo semplice: gli “adulti”, a partire dagli insegnanti, sono i primi a non dare fiducia a noi giovani , anche se noi giovani spesso tendiamo a non volercela neanche conquistare questa fiducia ed il contesto sociale non aiuta.

Quello che stiamo cercando di fare con la campagna nelle scuole è proprio questo: restituire fiducia ai nostri coetanei e dare loro l’opportunità e la possibilità di esprimersi, attività a cui siamo (in quanto giovani generazioni), sempre meno abituati, se non in maniera superficiale.

Per adesso siamo stati in tre scuole: al Liceo Rodari, all’Istituto Dagomari e al Liceo Cicognini, dove abbiamo voluto creare dei modelli di assemblea in quanto momento di vero e proprio confronto fra studenti e dove abbiamo trovato, contrariamente a ciò che si possa pensare, centinaia di ragazze e ragazzi che si sono dimostrati partecipi e vogliosi di cambiare la loro scuola, l’ambiente dove sanno di dover passare come minimo cinque anni della loro vita e dove lasceranno, sicuramente, un pezzo di cuore.

Interessante è stata, in particolare, l’esperienza fatta al Dagomari, dove parlare di integrazione significa confrontarsi in maniera diretta con chi questo fenomeno lo vive quotidianamente, sulla propria pelle, e dove due grandi comunità della nostra città come quella italiana e quella cinese si incontrano ogni giorno sui banchi di scuola, dialogando, laddove la lingua non aiuta, anche solo con uno sguardo di intesa, come ci hanno fatto ben capire più volte durante l’assemblea.

Nelle scuole pratesi ci sono 23 studenti stranieri ogni 100: una risorsa per tutti noi con cui dobbiamo imparare a dialogare e creare un ponte di amicizia, anche e soprattutto nelle scuole, perché la saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza”, come ci dice Gregory Bateson, antropologo, sociologo e psicologo britannico, il cui lavoro ha toccato anche molti altri campi (semiotica, linguistica, cibernetica…).

Lorenzo Milani ci insegna che una scuola incapace di inclusione è come un ospedale che cura i sani e respinge i malati: facciamo tesoro di questo insegnamento ed applichiamolo, nel nostro piccolo, ogni qual volta ne avremo l’opportunità.

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