Droga a Prato: analisi e prospettive
Droga a Prato: analisi e prospettive

Droga a Prato: analisi e prospettive

di Francesco Bellandi e Maria Logli

 

Prato, negli ultimi tempi, è stata banalmente descritta come la città della droga e del disordine pubblico, nelle cui strade è impossibile sentirsi sicuri.

Questo clima di speculazione alimentato da alcune parti politiche alla ricerca di consenso non è tuttavia utile ai cittadini né a Prato stessa, la cui situazione necessita di un’analisi approfondita e di progetti che vadano oltre i meri sintomi di una situazione che attraversa indubbiamente problematiche legate ad una vasta gamma di ambiti relativi alla città.

Sulla base di questa riflessione vorremmo condurre un’analisi approfondita sul tema della patologia della dipendenza, ricercando le cause ed analizzando gli effetti in modo organico e coerente, affinché la proposta che sarà costruita sulla base di tali constatazioni non manchi di completezza, correttezza ed efficacia.

Fondamentale è dunque la multidisciplinarità che dovrà caratterizzare questo percorso; sarebbe errato valutare il problema della droga soffermandosi esclusivamente sul consumo e sugli arresti, come sarebbe superficiale pensare di risolverlo con il solo scoraggiamento tramite l’implementazione di politiche sull’ordine pubblico.

Un ciclo di assemblee si sta svolgendo nelle scuole superiori pratesi. In questo contesto un problema che merita riflessioni basate su conoscenze interdisciplinari ed approfondite è stato ridotto a speculazione politica e strumentalizzato nella ricerca di un capro espiatorio, prosciugando il dibattito di tutte le questioni fondamentali su cui dovrebbe basarsi un’analisi corretta ed agendo in modo irresponsabile sulle coscienze degli studenti, la cui sensibilizzazione è importantissima poiché vivono una fase della loro vita di particolare vulnerabilità in una città in cui gli scoraggianti dati sull’abbandono scolastico e sui Neet dovrebbero piuttosto spingerci a fornire loro i giusti strumenti per riflettere come individui e come cittadini.

L’Unione Europea detta delle linee guida in materia di tossicodipendenza che si articolano in vari punti, uno dei quali è la riduzione del danno, strategia diretta ad evitare il propagarsi di malattie infettive tra i consumatori. Essa si basa sulla distribuzione di materiale sterile gratuito incentivando la restituzione di quello già utilizzato e sulla promozione della prevenzione tramite il passaggio di informazioni.

A Prato è nato “Outsiders”(emarginati), che si fonda sull’intervento di operatori di strada, progetto della cooperativa C.A.T. di Firenze con coordinatrice Giovanna Campioni; gli operatori di strada hanno lo scopo di fare da ponte tra gli emarginati della strada e i servizi socio sanitari a disposizione. Dobbiamo avvicinare questi soggetti, conoscerli, guadagnarne la fiducia ed indirizzarli poi verso i servizi di cui hanno bisogno. Così facendo il servizio si mette a disposizione così da stimolarli. Il tossicodipendente non sempre riesce a prendere coscienza e suonare al campanello del Sert in tempo. Il CAT impiega 3 operatori di strada che si muovano in coppia per 3 volte a settimana per 4 ore, che utilizzano un furgone in prossimità delle zone in cui il problema persiste.

Nel 2014 ci sono stati almeno 146 casi di overdose, 88% dei quali non si era mai rivolto al Sert. Da qui la necessità di andare incontro a queste persone e prevenire il danno.

L’importanza di questo genere di intervento risiede nel fatto che non si va a risolvere esclusivamente un problema sociale: la maggior parte delle volte la i media stentano a mettere in sufficiente rilievo l’aspetto del dramma umano e la natura psico-sanitaria della dipendenza, riducendola ad una questione morale.

Quella parte della società che vive in condizioni di marginalità non deve essere considerata soltanto un pericolo. La prospettiva umana della condizione tragica di individui esclusi che spesso provengono da famiglie multiproblematiche non può essere ignorata.

Questi operatori inoltre ci danno la grandissima opportunità di avvicinarci a quel mondo, comprenderlo ed avere ulteriori strumenti per migliorarlo.

Non solo si ottengono statistiche e dati sui singoli individui: questi fanno parte di un giro di consumatori, frequentatori assidui di zone specifiche, con condizioni sociali e situazioni famigliari diverse. Questo è utile per comprendere un problema radicato nella società ed intervenire non solo sui singoli spacciatori, che sono l’anello finale di una catena, ma su coloro che gestiscono il traffico. Si rilevano poi utili informazioni sull’estrazione sociale, il tipo di esperienza che ha condotto a determinate situazioni, la condizione lavorativa e così via.

Questa misura è stata ampiamente criticata per l’idea che comporti indirettamente un incoraggiamento ed un finanziamento al consumo delle sostanze stupefacenti. Se anche si volesse banalmente ridurre la valutazione del problema ad una questione meramente economica e di convenienza, dovremmo allora considerare che, in valore assoluto, l’intera progettualità ha un costo di 58 mila euro per tutto l’anno; una cifra molto ridotta rispetto alla cura dei malati di epatite, il costo della quale ammonta, per un solo individuo, a 30 mila euro.

Alcuni individui affetti da epatite sono riusciti da tempo nell’intento di disintossicarsi, ma nonostante ciò la malattia è progredita. Da qui è evidente che la riduzione del danno e la prevenzione sono fondamentali.

Giovedì 21 Aprile i Giovani Democratici di Prato e la Federazione degli Studenti hanno incontrato il Vicesindaco Simone Faggi ed il Direttore del Sert Antonella Manfredi per comprendere la situazione pratese ed essere informati sui provvedimenti che sono stati presi, tra i quali ci è stato presentato, appunto, il progetto “Outsiders”.

I Giovani Democratici vogliono innanzitutto lanciare una campagna di sensibilizzazione sulla patologia della dipendenza dall’analisi del problema umano al fenomeno sociale, senza trascurare tutte le sfumature e le implicazioni multidisciplinari dell’argomento.

Questa campagna dovrà aver luogo prima di tutto nelle scuole con la Federazione degli Studenti di Prato, per poi svilupparsi in una serie di iniziative pubbliche che coinvolgano il mondo associativo.

Questi momenti saranno il punto di partenza per attuare riflessioni critiche sull’analisi dell’effettiva efficacia delle pratiche di risoluzione e degli interventi messi in atto finora e per formulare, con il competente aiuto di chi opera nel campo, nuove prospettive che attraversino i temi della funzionalizzazione delle zone da riqualificare, dell’ordine pubblico, della sensibilizzazione, fino ai centri di aiuto e al reinserimento dell’individuo nel mondo del lavoro e nella società.

La nostra visione della società coincide infatti con la convinzione che essa debba essere madre e tutelare i suoi elementi: società in cui ogni sua componente sia solidale con le altre. Solidus in latino significa solido, quello stato del materiale in cui ogni molecola sorregge le altre, e se vi è una crepa, essa danneggia il benessere dell’intero sistema.

Poiché nessun individuo vale di per sé più di un altro ed uno dei fondamenti della nostra società è quello dell’uguaglianza, dovremmo tentare di dare gli strumenti ad ognuno per vivere in condizioni sociali, economiche, lavorative e sanitarie dignitose.

Riqualifichiamo il Serraglio. Ecco la nostra idea

Per quanto riguarda, in particolare, la riqualificazione della zona del Serraglio, abbiamo iniziato a sviluppare un’analisi dell’area.

Uno dei punti fondamentali sanciti dall’UE verte infatti sull’urbanistica e la funzionalizzazione delle aree come strumento di recupero non solo del territorio ma anche della società che esso ospita.

Il Serraglio è un luogo di scarsa permeabilità rispetto alla città: si tratta di uno spazio chiuso e cupo pieno di luoghi nascosti e poco accessibili; ha chiaramente tutte le caratteristiche per essere luogo di spaccio e malavita. Consideriamo poi il fatto che le zone nei pressi delle stazioni sono notoriamente luoghi di degrado e di emarginazione sociale: la conformazione architettonico-urbanistica della piazza del Serraglio rende ancora più critica questa condizione, accentuando le problematiche, sia di ordine pubblico e quindi di controllo, sia di vivibilità.

Il Serraglio è anzi un non luogo, ovvero un luogo privo di un’identità, quindi un luogo anonimo, staccato dal contorno della città che invece ha una connotazione specifica grazie alla sua tradizione e alla sua storia; neppure le caratteristiche materiche sono espressione della città.

La zona presenta la facciata muraria che costituisce un limite sia dal punto di vista fisico, sia concettuale. Inoltre l’area non ha nessun rapporto naturalistico, visivo o percettivo con il parco del lungo Bisenzio, e male si rapporta con via Magnolfi che dovrebbe essere uno dei luoghi con più valore della nostra città, in quanto è l’asse diretto dalla stazione a Piazza del Duomo, un modo per risolvere questo problema potrebbe essere quella di chiudere al traffico via Cavallotti che attualmente rappresenta un taglio, un limite alla cucitura Serraglio-Via Magnolfi. E’ in sostanza un luogo estraniante, poco accessibile e permeabile che si vive solo il giorno, quando le persone ci si recano per studiare o per prendere il treno; è dunque attrattivo solo a fasi alterne e privo di solidità di interesse, requisito che concederebbe una presenza costante di persone che vivono la zona. L’unico vero accesso che porta verso la città è quello che parte da Piazza Ciardi.

Il parcheggio è inutilizzato, così come quello di piazza del Mercato Nuovo e di Viale Galilei, nonostante le loro dimensioni; dovrebbe essere incentivata la fruizione di questi. La piazza dovrebbe essere aperta verso il parco del Bisenzio, creando sia una interazione fisica, morfologica, materica e sopratutto visiva, dando la percezione di uno spazio libero, aperto e vivibile che crea nelle persone l’intenzione e la voglia di attraversare l’area e di accedere alla città, contrastando l’attuale percezione di essa come luogo di paura e chiusura.

L’area dovrà essere data in gestione ad associazioni e al Pin, cosicché le attività contribuiscano a rendere questo nuovo luogo costantemente attivo ed attrattivo.

Si creerebbe un sistema di flussi di persone che potrebbe favorire l’apertura di locali e di realtà di aggregazione sociale, al fine di evitare accumuli e sovraffollamento in Piazza San Marco e Piazza Mercatale ed incentivando al contrario il circolo virtuoso della riqualificazione policentrica e quindi di tutte o quasi delle aree della città.

Noi crediamo dunque nella valorizzazione della vita collettiva della società attraverso la gestione di suddetti flussi e la funzionalizzazione delle aree come strumento per combattere la microcriminalità. Vogliamo inoltre proporre un concorso di idee con premio per l’Area del Serraglio.

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