Noi giovani europei abbiamo voglia di Europa
Noi giovani europei abbiamo voglia di Europa

Noi giovani europei abbiamo voglia di Europa

di Immacolata Ranucci, Andrea Angeletti e Federico Toscano

L’identità di un soggetto, che si tratti di una persona o di un popolo, si forma e assume determinate caratteristiche in relazione ad un secondo soggetto.

Non può esserci un “io” senza un “tu”.

Se parliamo di Europa come cultura, storia, tradizioni, economia e politica, allora noi giovani italiani – che studiamo Baudelaire insieme a Pascoli, leggiamo articoli scientifici in inglese e andiamo in Erasmus – allora noi apparteniamo senza dubbio a quell’io che cerca disperatamente di definirsi per sentirsi vivo. Quell’io europeo che si contrappone al resto del mondo.

Ecco che sorgono le domande: come ci vede il resto del mondo? Come è percepita l’Europa, per esempio, da chi mette a rischio la propria vita per raggiungerla? Cosa significa il sogno europeo per chi parte pieno di speranze e nessuna certezza?

Chi sono io, giovane europeo ancora indeciso su cosa questo voglia dire, per te che arrivi da terre tanto lontane con il desiderio di vivere con me?

il 9 Maggio 1950 Robert Schuman, che il quel periodo ricopriva la carica di ministro degli esteri in Francia, pose la pietra miliare di quell’Unione che oggi, a torto o a ragione, tanto vituperiamo.

In quel discorso è condensato lo stato dell’opera: egli propose una comunità europea del carbone e dell’acciaio, poiché sostenne che, condividendo la gestione di tali risorse strategiche, un’ ennesima guerra tra Germania e Francia non solo sarebbe stata impensabile, ma anche materialmente impossibile.

Oggi alcuni detrattori potrebbero obiettare che dal 50 ad oggi di strada non se ne sia percorsa tanta: basti pensare al caso greco. Schuman andò anche oltre, indicando come obiettivo della futura Unione europea lo sviluppo del continente africano. Anche qui gli europeisti meno ferventi potrebbero criticare l’Unione Europea, considerando gli ingenti flussi migratori da quelle zone del pianeta. Nella dichiarazione, facendo pure riferimento all’esenzione da dazi doganali e tariffe addizionali delle merci, si esplicitava già chiaramente quel principio della libera circolazione che oggi da più parti viene violato e calpestato: si innalzano barriere, si erigono muri.

Le scelte che stiamo portando avanti sono sintomatiche, e la risoluzione non può essere quella di abbandonarci reciprocamente alla ricerca nazionale di una via di fuga da problemi che una comunità internazionale dovrebbe affrontare con compattezza nel nome di un’affermata interdipendenza; dovremmo invece analizzare da dove provengano queste difficoltà di gestione e prendere decisioni insieme.

L’iniziativa del governo di Vienna di costruire un muro alla frontiera con il nostro Paese è l’esempio lampante di come stia avvenendo tutto il contrario: un atto che merita una rigida e determinata condanna nei confronti dell’Austria, nel momento in cui chiude i confini con il filo spinato, violando apertamente le norme fondamentali, colonne portanti della società europea, quale il trattato di libera circolazione di persone e merci, ed i rapporti con gli altri stati membri dell’UE.

Questo non è l’Europa che vogliamo.

L’integrazione di cui abbiamo bisogno per gestire le sfide del presente senza ritirarci sempre più nei confini è prima di tutto quella europea: se non iniziamo a comportarci come parti di una realtà più grande nella quale le azioni di ciascuno ricadono sugli altri Stati membri, non possiamo pianificare una soluzione strutturata nella visione di una realtà a cui ciascuno partecipa sostenendo l’altro.

Procedere in questa direzione significa calpestare inclusione, fratellanza e solidarietà verso l’esterno, ma prima ancora significa contribuire in modo consistente al declino di un progetto che, oggi, potrebbe costituire la nostra più grande forza.

E’ dunque con l’intento di ribadire la bellezza di un’idea che metteva al centro collaborazione e condivisione nel nome della pace e della gestione comune di problematiche che necessitano di impegno da più parti che oggi, ogni 9 Maggio 2016, ricordiamo la Dichiarazione di Schuman.

Ci proponiamo così di analizzare in modo più dettagliato i problemi che attanagliano l’Unione e che provocano lo scetticismo e la crescita dei nuovi nazionalismi, soffermandoci sui comportamenti non europei degli Stati Membri e sull’imminente Brexit.

In un secondo momento, invece, cercheremo appunto la nostra identità: quel nostro io europeo che forse, come avviene per ogni comunità immaginata, non è ancora eccessivamente definito, ma che per questo è forte di sogni, speranze, aspettative, e può fare di questi il suo motore e la sua meta.

Ci proveremo ascoltandoci a vicenda e confrontandoci. Parleranno alcuni giovani studenti come noi che vengono dal resto dell’Europa: gli studenti che fanno Servizio Volontario europeo con Legambiente.

Dopo di loro, giovani uomini che si sono messi in cammino ed hanno affrontato viaggi lunghi e travagliati per raggiungerci ci parleranno di cosa si aspettavano, di quale fosse la percezione dell’Unione Europea nei luoghi da cui provengono, e cos’abbiano trovato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

http://www.nextprato.it/
X