Dall’invasione dell’Ucraina alla “solidarietà” russofoba.
Dall’invasione dell’Ucraina alla “solidarietà” russofoba.

Dall’invasione dell’Ucraina alla “solidarietà” russofoba.

di Fausto Giglioli, responsabile Europa e Politica Estera GD Prato

A partire dall’invasione russa dell’Ucraina sono subito arrivate sanzioni dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, in molti ambiti importanti: dal settore bancario (col congelamento degli asset russi all’estero e l’esclusione dal sistema SWIFT), al settore tecnologico, quello energetico e tanti altri.
Mentre il conflitto continua a mietere vittime civili, in occidente dilagano però anche molti episodi di “solidarietà” che potremmo definire ipocriti e problematici.
Eccone una rassegna.

Partiamo dal direttore d’orchestra russo del teatro de La Scala di Milano Giergiev, cacciato dal sindaco Sala per non essersi espresso sul conflitto. È assurdo chiedere ad artisti di schierarsi su posizioni di politica estera e censurarli quando non sono in grado di farlo.
Abbiamo mai espulso artisti americani alla luce delle guerre sanguinose in Medio Oriente? O artisti Israeliani? O Sauditi?

Potremmo parlare anche del corso su Doestoevskij tenuto da Paolo Nori, censurato dall’Università Bicocca di Milano per evitare polemiche in merito a un autore vissuto 200 anni fa e pietra miliare della letteratura mondiale.
A questo è seguita la possibilità di reintegrare il corso, ma a condizione di inserire anche autori ucraini, decisione a cui Nori si è opposto: “Non condivido questa idea che se parli di un autore russo devi parlare anche di un autore ucraino”.

La lista diventa lunghissima, per esempio l’inviato Rai Marc Innaro è stato criticato da Enrico Letta per aver detto: “basta guardare la cartina geografica per capire che negli ultimi 30 anni chi si è allargato non è stata la Russia ma la NATO”. Pur trattandosi di un fatto storico, pare che ogni ragionamento che punti ad una riflessione di lungo raggio invece di uno schierarsi seguendo esclusivamente una retorica polarizzata viene subito attaccata e tacciata di propaganda filo-Putin.
Il nostro stesso Segretario manda avanti questa retorica: “Non sono interessato al dibattito storico”; “Non è tempo di analisi geopolitiche”.
Ma è davvero questa la strada?
Come potremmo affrontare questa crisi senza un’analisi geopolitica delle tensioni e dei conflitti che non sono certo sorti il mese scorso?
Potremmo forse discutere di cambiamento climatico senza analisi scientifiche?
Potremmo forse discutere di migrazioni senza sapere perché un popolo emigra dal proprio paese?
Il nostro pensiero è che, pur nella difficoltà della situazione presente, evitare l’analisi per ridursi in schieramenti polarizzati sia il primo passo verso scelte poco ponderate: non c’è evento per cui sia ragionevole abbracciare la propaganda di qualsiasi parte senza averci ragionato sopra; non c’è violenza, per quanto deprecabile e sconsiderata, che non ci debba far riflettere su come sia nata.

La fondamentale e netta condanna della condotta putiniana sembra dover bastare a sé stessa, in un cortocircuito in cui chiunque condivida e promuova un pensiero democratico debba rinnegare qualunque ipotesi dialettica di approfondimento sulle responsabilità diffuse in questo conflitto, e soprattutto pare dover strizzare l’occhio ad un sentimento anti-russo: dai cocktail che cambiano nome, agli atleti espulsi dalle para olimpiadi (dove non erano nemmeno un comitato sotto la bandiera russa a causa delle precedenti sanzioni per il doping di Stato), passando per le squadre russe (nemmeno nazionali, ma autonome) espulse dai tornei di e-sports e tanto ancora.
Più che di supporto all’Ucraina sembrano quasi voler punire la popolazione russa, colpevole di aver “eletto” Putin.
Questa visione, tra le altre cose, mortifica e cancella gli sforzi e le numerose manifestazioni per la pace in Russia, ben più rischiose sotto quel regime. I manifestanti arrestati subiranno gravissime ripercussioni, eppure generalizziamo, con i media mainstream che continuano a mandare avanti una sorta di propaganda russofoba.

Tolti i vergognosi due pesi e due misure operati dall’occidente, questo porta con sé un ulteriore rischio: colpire direttamente un popolo non contribuisce a far cadere un regime, e anzi rischia di rafforzarlo, e dando adito ad un rinnovato nazionalismo.
Difatti, vedendosi accusati da tutto il mondo di crimini che non hanno contribuito in minima parte a realizzare – la Russia non è democratica – invece di ribellarsi, come auspicato da taluni esperti di geopolitica da tastiera, il rischio è che si stringano alla propaganda della madrepatria, che accusa l’occidente di odiare i Russi.
Stiamo alimentando il nazionalismo di Putin invece di ostacolarlo, lasciando che la retorica del riarmo militarista prenda lo spazio del discorso sul dialogo diplomatico.

In un contesto del genere non esistono risposte semplici: l’unica cosa chiara è che nessuna presa di posizione può essere autosufficiente. Rinnegare le complessità ci condurrà a trovare soluzioni che siano diretto risultato di una narrazione, e non di un’analisi ragionata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

http://www.nextprato.it/
X