Rider felici? Non a queste condizioni
Rider felici? Non a queste condizioni

Rider felici? Non a queste condizioni

Di Aksel Fazio responsabile lavoro e sviluppo dei Giovani Democratici di Prato.

 

Ha fatto discutere l’articolo di La Stampa che ci racconta la storia di un “rider felice”: una storia a lieto fine in cui il nostro eroe sceglie di svincolarsi dalla morsa della pigrizia e dei sussidi statali, si mette a lavorare seriamente e alla fine guadagna, seppur con una umile professione, uno stipendio da manager. Viene fuori che la storia è falsa. Al netto del fatto che dovremmo riflettere su cosa significhi fare informazione, è preoccupante lo scopo dell’articolo: glorificare lo spirito di sacrificio per giustificare un rapporto lavorativo a cottimo, sempre più spesso assimilabile a vero e proprio sfruttamento, denigrando invece chi si avvale del supporto di sussidi. Come se la necessità di aiuti statali fosse motivo di vergogna, in quanto presuppone in qualche modo una resa, a maggior ragione in un nuovo sistema di lavoro flessibile e ricco di opportunità. Certo, non esistono lavori di per sé indegni: esiste però il lavoro senza tutele, senza prospettive e senza uno stipendio mensile garantito. È un lavoro indegno quando non hai potere contrattuale, quando, se non hai welfare familiare, non puoi che cedere al ricatto, quando ti trovi solə nel rapporto con unə datorə di lavoro. A volte succede che ci siano delle eccezioni, e a volte nelle grandi città ci si organizza per rivendicare dei diritti: è questo il caso dell’Associazione Deliverance Milano, che infatti dichiara: saremo felici quando saremo tutelatə, quando non vivremo sotto l’egida del cottimo. E infatti è così che funziona: più ordini consegni, più guadagni, e ti lanci in una frenetica corsa per recuperare ogni secondo prezioso, spesso a discapito della tua sicurezza. Rider contro rider nell’aggiudicarsi una manciata di euro. E allora non si conosce lə compagnə lavoratorə che è nelle nostre condizioni, ed è facile ingannare con la propaganda del nuovo Stachanov, illudere che il sacrificio ricompensi sempre, che si chiede aiuto solo per pigrizia. Raccontiamo che il sistema funziona, qualcuno ci crederà. Un po’ come si usano quelle pochissime donne al potere per smontare la legittimità della lotta al soffitto di cristallo. È il capitalismo interiorizzato. Per un rider felice ce ne sono mille che sentono il peso dello sfruttamento, del ricatto e dell’instabilità economica. E se la favola del rider felice ci serve per sentirci meno in colpa ordinando una pizza a domicilio, il problema è, ancora una volta, il nostro privilegio. Finché le condizioni di lavoro non saranno adeguate, non ci sarà nulla da salvare, nessun caso di sfruttamento ben accetto da glorificare. Dovremmo studiare nuovi sistemi a tutela del lavoro flessibile, e invece colpevolizziamo chi lavora sia per la propria condizione, sia perché se ne lamenta. E’ il sistema fondato sul libero mercato che ti chiede gratitudine per il fatto di avere un impiego, a prescindere dalle condizioni. Dobbiamo lavorare alla diffusione di una cultura dei diritti e lottare al fianco di chi rivendica maggiori tutele: non c’è rider felice che tenga.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

http://www.nextprato.it/
X