Commento sul nuovo: il pensiero di un giovane vecchio
Commento sul nuovo: il pensiero di un giovane vecchio

Commento sul nuovo: il pensiero di un giovane vecchio

di Marco Biagioni, Segretario provinciale dei Giovani Democratici di Prato

Qualche tempo fa, dopo aver espresso un pensiero sui partiti del novecento, un militante del mio partito mi ha detto: «finché continuiamo a guardare al passato ci dimenticheremo del presente e saremo sopraffatti dal futuro» e ha aggiunto: «vedere così tanti giovani che pensano in modo vecchio mi mette tristezza». Lo ringrazio perché le sue parole mi hanno dato la possibilità di porre l’attenzione su un tema che è centrale nell’azione dei riformisti: il nuovo.

Sapete, nel PD non si fa che discutere su come innovare il Paese e trovare nuovi modi di interpretare la società. Si sta creando un bel dibattito sull’argomento, ma a volte accade che qualcuno cada nella trappola: «basta guardare a modelli del passato, dobbiamo abbandonarli per guardare al futuro». Legittimo pensarlo, ma io non mi trovo d’accordo. Per spiegare il perché mi viene in aiuto Foucault.

Egli sosteneva che l’elemento di novità non risieda tanto in ciò che viene detto, quanto nel ritorno di un concetto precedente che viene formulato in maniera diversa: per esprimere un pensiero nuovo non è quindi necessario usare paradigmi inediti, ma basta trovare nuove declinazioni dello stesso paradigma. E io, che mi definisco un riformista, non posso che sposare la sua tesi.

Quando l’azione riformista, per ottenere nuovi schemi di gioco, rimpiazza le carte sul tavolo della realtà rischia di violarne le regole e di mandare a monte la partita. La mossa giusta sta invece nel conoscere le carte già presenti sul banco e trovare una diversa combinazione in base a come si sviluppa la partita (il mio amico direbbe che sono vecchio anche nelle metafore, chi gioca più a carte tra i miei coetanei?).

Mi piace molto guardare alle socialdemocrazie del Novecento perché credo che alcuni elementi di quel modello possano essere rivalutati, rimodellati e quindi proposti sotto nuove forme nella società odierna. Una volta compreso che non siamo più nella società solida del secolo scorso, ma che il contesto sociale, politico ed economico è cambiato e continuerà a mutare sempre più velocemente (Bauman non a caso parlava di società liquida), viene da sé interpretare i modelli del passato col linguaggio del presente. Aggiungo che alcuni degli elementi nascosti di quegli stessi modelli possono emergere proprio oggi, a patto che li si legga in chiave contemporanea. E l’elemento di novità è proprio questo.

Rifacendoci a quella visione, noi Giovani Democratici stiamo proponendo un modello di rapporto diverso tra il partito e la società civile. C’è chi dice che i corpi intermedi non siano rappresentativi, se non di una piccola parte di persone o territori, e che si debbano trovare forme dirette di dialogo con i cittadini. Abbandonare l’idea di un modello socialdemocratico, che prevedeva una forte connessione tra partito e corpi intermedi, attraverso i quali poter entrare in contatto con le reali esigenze dei cittadini, sembra essere per molti la soluzione più opportuna. Io sono d’accordo sull’analisi per cui i grandi corpi di massa non esistano più, ma credo fermamente che sia interesse della politica che nascano e crescano associazioni concrete e rappresentative delle volontà della popolazione. Penso che una democrazia in salute non possa prescindere dall’avere partiti e corpi intermedi vivi e collaborativi. Arrendersi alla proposta che l’uno occupi gli spazi dell’altro, vuol dire indebolire la democrazia e farle perdere quel senso sociale che deve avere l’agire pubblico.

Per questo noi GD vediamo nella crisi della rappresentanza (sia politica che associazionistica) un’opportunità per scombinare le carte della socialdemocrazia e trovare schemi fino ad adesso ignorati, che determinino la reale novità nei rapporti tra politica e società civile.

Per noi l’aspirazione del Partito Democratico deve essere quella di aggregare le varie realtà associative del Paese e contribuire alla loro nascita, alla loro crescita e al loro cambiamento, nell’ottica di farle diventare veramente rappresentative; non più delle esigenze delle masse, ma delle condizioni mutevoli dei cittadini con i quali ambiscono a dialogare. A chi dice che i corpi intermedi non sono più rappresentativi, noi rispondiamo che è interesse dei partiti che essi lo siano e aggiungiamo che laddove esistano categorie non rappresentate, è responsabilità dei partiti creare le condizioni affinché vadano a nascere gruppi cittadini organizzati che se ne occupino direttamente. Perché la rappresentatività di un’associazione non sta più nella sua vocazione, ma nella capacità di fare rete con le altre realtà per dare vere risposte a chi essa vuole tutelare. Qualcuno potrebbe obiettare che anche i circoli del PD possono avere la funzione che io attribuisco ai corpi intermedi. Non voglio trattare qui l’argomento circoli, mi limiterò a dire che per me rappresentano il miglior spazio dove sperimentare il rapporto tra partito, cittadini e associazioni.

In questa direzione è andata la fondazione dell’associazione studentesca di nostro riferimento, la Federazione degli Studenti. Anche all’interno della giovanile andò a crearsi un dibattito simile: bastava la sola organizzazione giovanile del Pd a rappresentare le esigenze degli studenti? Dopo 6 anni di attività dell’associazione la risposta è evidente: no. Semplicemente perché i partiti e le associazioni hanno due metodi e due scopi ben distinti. Se i primi devono fare gli interessi generali di un’intera società andando a occupare le istituzioni pubbliche, i secondi hanno lo scopo di parlare direttamente con persone che condividono l’interesse particolare di un tema o di una categoria: è proprio il connubio di queste due funzioni che crea la rappresentanza. Solo col dialogo tra FdS e GD potevano emergere progetti come le ripetizioni gratuite per tutti gli studenti delle superiori, il WiFi libero nelle scuole o l’insegnamento della lingua cinese nei licei linguistici. Solo la presenza dei Giovani Democratici ha fatto sì che la nostra associazione studentesca continuasse a rimanere un’associazione rappresentativa degli studenti, fornendo loro risposte concrete, e solo la Federazione degli Studenti ha reso possibile che la Giovanile ascoltasse le loro effettive esigenze, riuscendo ad avere una visione più ampia nella sua azione politica.

Adesso abbiamo un nuovo obiettivo: unire in una rete tutte le realtà pratesi che si occupano di migranti. Tale rete sarebbe utile a dare una struttura al sistema di servizi in risposta alla frammentarietá dei bisogni: uniti, gli attori che contribuiscono all’integrazione e all’accoglienza possono acquisire la consapevolezza della situazione generale sul territorio, coordinando i propri servizi e avendo, poi, un agevolato e più efficace dialogo con l’Amministrazione. Quest’ultima potrà a sua volta servirsi della rete per gestire in modo organico le necessità dei migranti, fornendo alle suddette realtà i mezzi per poter crescere e agire in modo collaborativo e coerente con una visione comune di città. Al tempo stesso, all’interno della nostra Organizzazione Giovanile, prevediamo di creare un’assemblea delle associazioni, così da darci gli strumenti per ascoltarle e fare sintesi.

Qui secondo me sta l’elemento di novità.

Siamo giovani vecchi? A voi l’ardua sentenza.

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