Cosa vuol dire essere liberi, e lottare affinché gli altri possano esprimere e diffondere le proprie idee?
Forse, Giulio Regeni avrebbe saputo rispondere a questa domanda; un giovane ed eccellente dottorando che era in Egitto per svolgere una ricerca riguardo la situazione dei sindacati politici indipendenti nel contesto di quella fragile democrazia, doveva per forza avere un’idea abbastanza chiara al riguardo.
Sappiamo purtroppo fin troppo bene qual è stato il triste epilogo di una storia che non dovrebbe neanche essere immaginabile: non è accettabile in nessun angolo del mondo che una persona sia uccisa e resa irriconoscibile dai trattamenti inumani e degradanti (leggi torture) subiti, in una maniera tale che neanche la madre sia in grado di riconoscerlo.
Non sarebbe dovuto accadere, punto. Tanto più se pensiamo che stiamo parlando di un ricercatore, che aveva per scopo soltanto quello di conoscere il più accuratamente possibile una realtà come quella egiziana, e per quanto complicata questa possa essere non si era lasciato scoraggiare; e ciò è – non può non essere visto come tale – un attacco alla libertà accademica che ha portato numerosi professori, dottorandi, persone in generale appartenenti a questo mondo (stiamo parlando di più di 4600 accademici a livello mondiale) a firmare una lettera aperta sulla questione.
Lo stesso hanno fatto tante persone comuni.
La famiglia Regeni ha dato un esempio di compostezza e dignità, pur nell’immenso dolore che si è trovata ad affrontare; noi, come Giovani Democratici e Federazione degli Studenti, insieme al PD di Prato ci sentiamo di dare il nostro pieno appoggio e di aderire alla campagna “Verità per Giulio Regeni” portata avanti da Amnesty International, come anche la Consulta Provinciale degli Studenti di Prato, perché finalmente venga fuori non una versione di comodo, diversamente da quel che è accaduto finora (e ripetutamente, in maniera vergognosa), ma ciò che è successo veramente, con le assunzioni di responsabilità di tutti coloro che sono coinvolti; se lo è, anche del governo egiziano, relativamente al rapimento, alla tortura e all’uccisione di un ragazzo di 28 anni senza altra colpa che quella di voler comprendere la realtà intorno a lui.
Non abbiamo bisogno di una “versione ufficiale” per contentino, non accettiamo altri depistaggi da parte di coloro che si vogliono presentare come collaboratori nella ricerca della verità; vogliamo sapere come sono andate realmente le cose, pretendiamo una verità accertata e indipendente.
Sui diritti umani non si scherza.
Giulio Regeni non lo meritava. La sua famiglia non lo merita; i suoi amici e i suoi colleghi neanche.Lo dobbiamo anche a tutti i ragazzi egiziani scomparsi perché oppositori, prelevati a casa, in strada, a scuola o sul lavoro, che non hanno uno Stato a prendere le loro parti.
La nostra intenzione non è politicizzare il dolore privato della famiglia e pubblico di tutta la comunità che le si è stretta intorno, ma semplicemente dare un segnale di vicinanza e di sostegno, perché in situazioni del genere non è possibile non prendere posizione, o peggio continuare facendo finta che niente sia successo. Vogliamo stare dalla parte della verità, come dice il nome della campagna stessa.
E proprio per questo vedere quegli striscioni gialli di Amnesty International appesi ovunque – penso a quanto siano numerosi soltanto nella mia Vernio, a quanti ne abbia visti in tutta la provincia – mi riempie davvero il cuore di orgoglio e di speranza: forse, se le persone non rinunciano, hanno ancora la forza di mobilitarsi in occasioni come queste, pensare a un mondo migliore non è un’utopia, ma un dovere.
Venerdì 15 aprile alle 18:30 saremo quindi presenti al flash mob in Piazza del Comune, per ribadire che non ci accontentiamo di una finta verità, non possiamo farlo se vogliamo poter continuare a guardarci allo specchio con un briciolo di dignità.
Vi aspettiamo numerosi, a condividere anche questo momento.