Il mio “NO” di principio
Il mio “NO” di principio

Il mio “NO” di principio

di Stefano Ciapini, responsabile Attualità e Comunicazione GD Prato

Come ormai tutt* sapranno, domenica e lunedì andremo alle urne per pronunciarci in merito alle elezioni regionali e al referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei Parlamentari.
Si tratta di una riforma, quest’ultima, che si fa fatica a definire tale.
Dicesi infatti “riforma” qualcosa che modifica l’assetto di un elemento nella sua sostanza, cosa che l’attuale variazione costituzionale non fa: si taglia in maniera netta e trasversale il numero dei membri delle due Camere senza che, però, queste vengano in alcun modo mutate nella loro essenza.
Già questo presupposto fa storcere il naso, perché come sistema politico abbiamo speso energie e risorse, arrivando fino alla chiamata alle urne degli Italiani e delle Italiane, semplicemente per tagliare un po’ d’organico. Ma ecco, se questo taglio almeno avesse dei presupposti e delle ragioni serie, tutto sommato potremmo starci.
Chiediamoci perciò: cosa c’è dietro al taglio dei Parlamentari?

Alla ricerca del principio ispiratore

La prima cosa da fare è sicuramente cercare di capire il principio politico ispiratore che ha aperto la via a questa riforma. Chi si è fatto promotore del taglio del Parlamento e secondo quali convinzioni politiche lo ha fatto? Per rispondere a questa domanda occorre rendersi conto di quale forza politica più di tutte abbia desiderato questa riforma.

Come forse saprete, la riduzione del numero dei Parlamentari è stata uno dei “pallini” del MoVimento 5 Stelle nel corso degli ultimi anni; osservando la narrativa messa in pratica da Luigi di Maio e gli altri grillini, ci si può render conto di quanto la principale motivazione dietro al taglio sia squisitamente antipolitica.
La necessità di ridurre i Deputati e Senatori del nostro Parlamento è stata portata avanti sin dagli albori del M5S come un mezzo per riformare la “casta” del Paese, disfacendosi in tal modo di coloro che occupano le poltrone tanto per scaldarle. Celebri sono gli slogan come mandiamoli tutti a casa, utilizzati come giustificazione per qualsiasi cosa.

Luigi di Maio intento a tagliare poltrone

Poi il MoVimento si è evoluto e con esso, per fortuna, anche la sua narrativa. Diventato parte dell’establishment con le elezioni del 2018 e con l’entrata al Governo, il M5S ha parzialmente riveduto le proprie tesi, raccontando di quanto questo taglio fosse necessario per ridimensionare i costi di una politica-sanguisuga per le tasche degli Italiani. La retorica ha posto ora anche l’accento sulla questione dell’efficienza economica e del risparmio per gli Italiani. Recita un recente striscione posto dai grillini dinanzi a Montecitorio per festeggiare il passaggio della legge: MENO 345 PARLAMENTARI, 1 MILIARDO PER I CITTADINI.
[Per approfondire sui reali risparmi del taglio secondo l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani, assai più bassi di quanto dichiarato dal M5S e pari allo 0.007% della spesa pubblica, segui questo link]

Abbiamo a che fare con due principi ispiratori – quello dell’antipolitica e quello del risparmio dei costi istituzionali – che, quantomeno da soli, non dovrebbero mai poter avere la forza di arrivare a manomettere le nostre istituzioni fondamentali e, per quanto goda di una nomea non tanto positiva, il Parlamento è l’istituzione che più di tutte necessiterebbe di essere salvaguardata.
Ciò che intendo dire è che una riforma senza un degno principio ispiratore non dovrebbe mai arrivare alle porte della modifica costituzionale, e invece questa c’è arrivata ed ha varcato la soglia anche per mano del nostro stesso Partito Democratico, che ha aiutato il varo della legge onorando le condizioni dell’accordo di Governo stipulato nel 2019 col M5S.
Permettere che passi una riforma partorita dalla mente di chi, una bella mattina, si è alzato ed ha pensato di cambiare la Costituzione semplicemente per appagare il senso di antipolitica dilagante, è un gesto di grande irresponsabilità da parte del PD, e anche solo questo mero principio basterebbe per votare “NO” in maniera convinta.
E voglio esser chiaro: non sputo sul risparmio dei 57 milioni di € annui che andremmo a risparmiare, ma si tratta di cifre che potremmo risparmiare in una quantità di modi inimmaginabile, non vedo perché tra tutti questi dovremmo scegliere di intaccare la nostra istituzione rappresentativa.
Comunque, andiamo oltre.

Nelle prime tre votazioni il PD si è pronunciato contro il taglio dei Parlamentari. In foto, la seduta del 10 maggio 2019 alla Camera. Nella seduta successiva, al Senato, la contrarietà di PD, LEU, +Europa e  altri riesce a non far raggiungere la maggioranza qualificata dei 2/3 alla legge. In ultima votazione (ottobre 2019) il PD, passato alla maggioranza, vota invece favorevolmente.

Un taglio logico?

Se anche abbiamo appurato che le ragioni politiche dietro alla riforma siano molto fragili, potremmo comunque chiederci se la logica del taglio possa in qualche modo essere assennata. La risposta ve la anticipo fin da subito: a mio modesto parere no.
Mi spiego meglio: il taglio prevede che si passi da 630 a 400 Deputati e da 315 a 200 Senatori.
Il motivo per cui siano stati scelti precisamente i numeri 400 e 200 è impossibile da trovare perché semplicemente il motivo non esiste.
Perché 400? Non potevano essere 389? Ecco, la mancanza di una logica dietro al taglio è un secondo grande elemento di disturbo che spinge a votare “NO” anche solo in linea di principio, senza nemmeno dover pensare a tutti i risvolti, perlopiù negativi, che già abbiamo approfondito negli scorsi articoli.
Ma è mai possibile che si punti a riformare tre articoli della Costituzione secondo dei principi logici non ben definiti? Ad esempio, sarebbe stata una riforma dotata di fondamento logico se alla base della riduzione ci fosse stato un ripensamento ed una chiara definizione del rapporto tra il numero di Parlamentari e di cittadini, rendendo magari possibile la modulazione del Parlamento a seconda della crescita/diminuzione della popolazione.
Con metodi simili sarebbe stato facile comprendere la logica del taglio e allora il “Sì” sarebbe stato da prendere più che in considerazione. E invece no, si taglia e via, non c’è alcuna logica.

Conclusioni

Come dicevo poc’anzi, non sono solo queste le motivazioni che fanno propendere per il “No”, tuttavia con questo articolo ci si voleva focalizzare solo sui presupposti ed i principi ispiratori della riforma, che a mio parere sono assai fragili. Credo non debba passare una riforma che muti la nostra Costituzione senza che alla base vi sia una riflessione politica seria, o comunque un pacchetto di modifiche ponderate e dotate di contromisure di sicurezza, cosa che per esempio era la riforma costituzionale del 2016, checché se ne pensasse.

I problemi non finiscono qui, e sono perlopiù relativi alle conseguenze di questa riforma che, oltre a presentare criticità interne, è anche soggetta ad ulteriori risvolti nocivi poiché quelle riforme che avrebbero dovuto accompagnarla (come ad esempio una legge elettorale che ne correggesse le storture rappresentative) non sono state fatte, non c’è la certezza che verranno attuate e non possiamo esser certi che saranno messe in atto con la giusta attenzione.

Oltre a votare a scatola chiusa una riforma dai principi fragili e antipolitici, si aprono i temi della rappresentatività distorta, del reclutamento delle élite politiche che si fanno sempre più ristrette ed esclusive, della più facile esclusione dalla rappresentanza di alcune minoranze socio-culturali e della sempre maggior distanza tra politica e cittadini, problematiche di cui abbiamo parlato negli scorsi articoli e di cui vi lascio i link qua sotto.

Concludo dicendo che per ottenere tutto ciò che si millanta ottenere con questa riforma sarebbe stato sufficiente ridurre di una percentuale lo stipendio dei Parlamentari (magari commisurando il taglio alla classe economica d’appartenenza di ciascuno) e riformare finalmente il meccanismo di selezione dei politici messo in atto dai vertici di partito attraverso una precisa regolamentazione dei partiti stessi, elemento ancora oggi assente nel nostro sistema, inoltre, sarebbe bastata una chiara legiferazione volta a rendere veramente libero l’accesso alla politica e rendere possibile la scelta, in sede di voto, di candidate e candidati preparati ed appassionati.
Ma è ovvio, questo non si fa: per i vertici di partito è più conveniente regalarci questo generoso e salvifico taglio!

 

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